Tendinite, dal sintomo alle cure

Autore: Prof. Mario Ronga

Diversi studi hanno dimostrato come questo disturbo sia essenzialmente causato da un processo degenerativo, il più delle volte determinato da piccoli traumi ripetuti 

I tendini sono le strutture anatomiche che uniscono i muscoli alle ossa e, mediante la trasmissione della forza sviluppata dalla contrazione muscolare, rendono possibile il movimento e la stabilità delle articolazioni.
Sebbene il termine Tendinite suggerisca etimologicamente un’infiammazione tendinea, diversi studi hanno dimostrato come questo disturbo sia essenzialmente causato da un processo degenerativo, il più delle volte su base microtraumatica (ossia causato da ripetuti traumi di piccola entità), e dall’incapacità del tendine di riparare adeguatamente in seguito a microlesioni o sovraccarico funzionale (eccessiva reiterazione dei medesimi gesti). Il termine Tendinite, spesso utilizzato troppo genericamente, andrebbe perciò sostituito con il termine Tendinosi o meglio ancora con quello più generico di Tendinopatia, ovvero l’insieme delle patologie che interessano la complessa struttura tendinea compreso il “paratenonio” (la membrana che riveste il tendine) e nelle quali l’infiammazione è uno dei fenomeni iniziali del processo della malattia.

Tendinopatie, come si manifestano

Le Tendinopatie rappresentano circa il 50% delle lesioni sportive e sono tipiche anche dei lavoratori, per lo più manovali pesanti, che svolgono attività fisiche intense con continue sollecitazioni dell’apparato muscoloscheletrico.
Clinicamente sono caratterizzate dalla comparsa di dolore alla contrazione muscolare durante le attività quotidiane e sportive con progressiva impotenza funzionale. In concomitanza di un processo infiammatorio di un tendine superficiale, può rendersi evidente inoltre una tumefazione localizzata (gonfiore) con eventuale sensazione di calore sia soggettivo che al tatto. Se non si esegue un’attenta prevenzione o accurata terapia nelle fasi iniziali del processo patologico, la Tendinopatia può evolvere verso un quadro cronico caratterizzato dalla perdita della fisiologica struttura tendinea, comparsa di tessuto amorfo e calcificazioni; clinicamente si manifesta con la presenza di dolore che non tende a regredire con il riposo e che viene evocato alla minima sollecitazione ed attività fisica.

Arrivare alla diagnosi

In caso quindi di dolore persistente che si manifesta durante il movimento è bene sottoporsi ad una visita specialistica. Il Medico Ortopedico procederà effettuando un attento esame clinico oltre ad un’accurata raccolta della storia clinica (anamnesi); la valutazione del Paziente sarà inoltre focalizzata ad evidenziare eventuali fattori locali o generali (come ad esempio il Diabete, la menopausa) predisponenti e/o determinanti la patologia.
L’esame strumentale servirà a confermare la diagnosi, definire l’eventuale danno tendineo e indirizzare verso il trattamento più idoneo: l’Ecografia ed eventualmente la Radiografia e la Risonanza Magnetica sono le indagini di scelta.
L’Ecografia è l’esame di primo livello; è un esame accurato, poco costoso, facile da eseguire e che permette lo studio morfologico del tendine in fase statica e dinamica. Si può pertanto valutare il comportamento del tendine durante la contrazione muscolare e monitorare nel tempo la risposta alla terapia.
La Radiografia è utile per definire l’area di inserzione ossea del tendine, la presenza di eventuali speroni ossei e in generale malallineamenti dell’arto che possono aver predisposto il Paziente alla Tendinopatia.
La Risonanza Magnetica è un esame di secondo livello e da riservare a casi particolari ed eventualmente a completamento dello studio ecografico in regioni anatomiche come la spalla o l’inguine.

Dal riposo al graduale allenamento

Non esiste un unico approccio terapeutico valido per tutte le forme di Tendinopatia in quanto diversi sono i quadri patologici e diverse le sedi anatomiche, ognuna delle quali ha caratteristiche peculiari. Il trattamento di una Tendinopatia è inizialmente di tipo conservativo ed è articolato per fasi che portano al successo il 75% circa dei casi. Più precoce è il trattamento, maggiori saranno le possibilità di curare in modo efficace la patologia.
Si inizia con il cosiddetto riposo funzionale da non confondere con il riposo assoluto in quanto quest’ultimo, paradossalmente, rischia di avere effetti negativi sui meccanismi intrinseci di riparazione del tendine. Attraverso il riposo funzionale si intende evitare quelle sollecitazioni che hanno determinato la lesione e che provocano dolore, a favore di esercizi che migliorano la fisiologia del tendine. Diversi studi hanno evidenziato che in una prima fase sono molto efficaci gli esercizi con contrazione eccentrica, ovvero la contrazione muscolare mentre l’unità muscolo-tendinea si allunga, mentre in una seconda fase è fondamentale il graduale allenamento alla resistenza dei carichi di lavoro.


Pagina precedente 1/2 Pagina successiva »