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Covid-19, il Prof. Garattini ci aggiorna sulle terapie

Autore: Intervista di Antonella Ciana al Prof. Silvio Garattini

In questa intervista il noto Scienziato e Farmacologo Prof. Silvio Garattini esamina i numerosi studi in corso riguardo alle molecole mirate alla lotta al nuovo virus

Prof. Garattini, facendo il punto della situazione attuale, quanti e quali sono gli studi mirati nella lotta contro il Covid-19?
In giro per il mondo certamente si stanno facendo moltissime ricerche; ci sono molti gruppi che si sono impegnati nel cercare di trovare dei farmaci partendo da molti punti di vista. Intanto, ci sono già in corso alcuni studi clinici controllati, ovvero sono lo standard per capire se una molecola fa bene o fa male. Qui in Italia, per esempio, abbiamo due studi che sono già partiti: uno che riguarda il Tocilizumab, un farmaco che agisce in senso antinfiammatorio, ed è probabile che questo studio comincerà a produrre dei dati alla fine del mese di maggio, perché sono già molti i Centri che hanno dato la loro adesione e quindi si dovrebbe avere un risultato in proposito.
L’altro studio che è partito riguarda il Remdesivir, un farmaco che è invece antivirale, cioè che agisce direttamente sul virus e che era stato utilizzato per la Sars e la Mers; i risultati non sono ancora conclusivi, ma comunque questo è uno studio che mira ad appurare se vi sia un effetto oppure no.
Il terzo farmaco è la Clorochina, che è un antimalarico, per il quale sono già partiti diversi studi in molti Paesi, principalmente in Francia; la Clorochina è presente nello studio avanzato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e proprio in questi giorni un gruppo inglese ne ha lanciato la ricerca per verificare come si comporti all’inizio della malattia; come detto, è preventivo per la Malaria, quindi bisogna vedere se anche nel caso del virus funzioni da preventivo all’inizio della malattia, per evitare i danni della malattia stessa. Questo studio è stato lanciato in vari continenti reclutando circa 40.000 persone. Questi sono, quindi, gli studi principali in corso. Poi ce ne sono anche che si stanno facendo con un derivato dell’Eparina, perché quest’ultima è una componente molto importante in questo tipo di polmoniti che presentano l’occlusione dei capillari polmonari; si pensa perciò che sia utile per mantenere il più possibile la funzionalità polmonare. C’è poi anche un farmaco antiparassitario che però ha un effetto antivirale, è molto ben tollerato ed è conosciuto dal 1975; è stato ampiamente usato, per cui potrebbe essere anche questo un buon candidato. C’è molta roba al fuoco e ce n’è tantissima altra in corso di analisi, sono circa 30 i farmaci di varia natura, sempre o di tipo antinfiammatorio o di tipo antivirale, che sono attualmente in corso di studio.

A proposito di antiparassitari, c’è uno studio sull’Ivermectin?
L’Ivermectin è un farmaco che si usa come antiparassitario e antielmintico; è stato utilizzato in vitro e per adesso i dati in vitro dimostrano che in dosi adeguate in 48 ore praticamente si elimina il virus. Potrebbe essere importante, bisogna però vedere se in questo momento il farmaco agisce anche nelle infezioni, prima di diventare sperimentale; però si può arrivare a sperimentarlo sull’uomo, dato che è stato ampiamente utilizzato su milioni di persone e sembra essere abbastanza ben tollerato. Ancora non ho visto uno studio sull’Ivermectin, sono sicuro però che qualcuno nel mondo lo sta provando e ha accesso a tutte le informazioni correlate.



Per quanto riguarda la Vitamina D, evidenze scientifiche indicano come essa svolga un ruolo importante nei Pazienti con funzionalità respiratoria compromessa, indicando peraltro una sua carenza nei malati di Covid-19. Ritiene che uno studio approfondito sulla Vitamina D sia auspicabile?
Certamente si può fare, penso che comunque bisognerebbe avere un razionale, con ciò intendendo l’identificazione di un’ipotesi sperimentale che deve essere verificata (o smentita) dalle strategie messe in atto. Tutti gli studi che finora sono stati fatti sulla Vitamina D, sia in Pazienti che ne hanno buoni livelli, sia in quelli che ne hanno di molto bassi (e quindi sull’osso, sulle cadute, sulle fratture, sul cardiovascolare) sono stati tutti negativi. Hanno studiato le alte dosi perché hanno visto che le basse dosi non servivano nelle condizioni che ho sopra citato, né credo che ci sia niente di noto sull’effetto della Vitamina D nella funzione polmonare. Dipende però sempre da come vengono fatti gli studi, cioè se sono studi osservazionali questi sono utili poi per formulare delle ipotesi e, di qui, condurre degli studi più quantitativi, ossia in condizioni controllate. Personalmente non ho visto degli studi seri sull’effetto della vitamina D sulla funzione polmonare, però se ci fossero sarebbero ampiamente giustificati. Qualsiasi studio, se ha una base razionale, è giustificato, perché abbiamo bisogno di saperne di più. In un recente Convegno che c’è stato negli USA, quelli che si occupavano di Vitamina D non si son potuti mettere d’accordo su quale sia il livello ematico necessario, anche perché per avere un po’ di Vitamina D è sufficiente andare al sole.

Cambiando discorso, la chiusura totale di ogni attività esterna ha fatto sì che non si possa più fare alcun tipo di attività fisica, ciò va a scapito di un corretto stile di vita. Cosa pensa in proposito?
Personalmente, ritengo che a un certo punto sia necessario trovare un equilibrio in tal senso. È fuori discussione che aver fatto ciò che è stato fatto, cioè fare in modo che la gente stia chiusa in casa, sia servito molto, perché diversamente avremmo aumentato molto la diffusione del virus e, quindi, si sia trattato di un segnale forte e inevitabile. Però adesso si parla di mesi… Anche oggi ho letto un articolo su Lancet che sostanzialmente avverte “stiamo molto attenti perché ci sono i benefici ma ci sono anche i danni”. Perché un conto è avere una villa con giardino in cui andare a passeggiare, un altro è il dover vivere ad esempio in 3-4 persone in 60 metri quadrati: quello che si può scatenare in termini di relazioni fra queste ultime è inevitabilmente di nervosismo e aggressività. Poi ci sono possibili danni per la salute mentale, cui si aggiunge il fatto che la clausura non aiuta a seguire i buoni stili di vita: chi fuma tenderà a fumare un po’ di più, il frigorifero è sempre aperto, stare sul divano diventerà la regola… Nel tempo bisognerà trovare un minimo di modifiche, sempre rispettando tutte le regole ma anche ricordandosi del fatto che continuare a mantenere tutto chiuso andrà a creare altri problemi, come ad esempio la disoccupazione e la povertà che, a loro volta, sono tra i maggiori determinanti di un aumento di morbilità e mortalità. Certamente non è facile, ma bisognerà trovare un sano equilibrio tra la possibilità di muoversi e riprendere l’attività fisica e, in determinati momenti della giornata, trovare le condizioni e anche la possibilità di riprendere alcuni tipi di lavoro. Per esempio abbiamo visto come molti dei prodotti alimentari dell’agricoltura vengano buttati via perché manca il personale per raccoglierli, e questo fa sì che  ci si orienti verso i cibi industrializzati; quindi si potrebbe organizzare un sistema in sicurezza per raccogliere i frutti dell’agricoltura, dato che anche rimanere senza cibo sano non fa certo bene alla salute. Su tutto deve prevalere il principio di evitare il più possibile il contagio, però questo non deve impedire la ricerca di soluzioni possibili.

 

 

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