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Diabete, dalla diagnosi alla terapia

Autore: Dott. Fernando Perrone

In caso di fallimento terapeutico, con l’aiuto del proprio Medico di famiglia, è necessario iniziare tempestivamente la terapia insulinica

Nei prossimi decenni il dilagare del Diabete Mellito Tipo 2 (DMT2) sarà purtroppo incontenibile, interessando anche fasce di popolazione di ultrasettantenni; ciò a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’allungamento della vita media, come pure per il fatto che i giovani ragazzi sono spesso restii a seguire le indicazioni alimentari della dieta mediterranea, preferendo menù “attraenti” quanto “obesizzanti” dei fast food, fenomeno efficacemente definito “Diabesità”.

I numeri del problema

Recentissimi dati epidemiologici stimano la prevalenza del Diabete Mellito di tipo 2 nel nostro Paese intorno al 6% della popolazione (un esercito di quasi 4 milioni di Pazienti “consapevoli”, di cui 1 su 3 con più di 65 anni e un bel 25% di over 75; cui si devono aggiungere circa 1,5 milioni di “ignari” non ancora emersi come malati, anche se lo sono già) assorbendo il 15% della spesa sanitaria (circa 16 miliardi di euro all’anno, cioè 4.000 euro a Paziente).  
A livello mondiale, fra il 2025 e 2030, il numero di diabetici si raddoppierà arrivando a quota 430 milioni che diventeranno 642 milioni nel 2040; la malattia passerà dall’undicesima alla settima e forse quinta causa di morte, con costi sanitari, sociali ed economici enormi, soprattutto per la gestione delle complicanze che quasi sempre implicano una frequente ospedalizzazione; il che vuol dire assorbire quasi il 90% dei costi che crescono in modo esponenziale con il numero di complicanze croniche. Un cane che si morde la coda tra avanzamento epidemiologico e sostenibilità socio-economica.
Dopo che nel 2006 l'ONU ha dichiarato il Diabete una minaccia mondiale, è stato proprio il Presidente Obama, nel gennaio 2015, a mettere il dito nella piaga dell'epidemia Diabete lanciando la proposta della “Precision Medicine Initiative” (Medicina di Precisione) non solo verso il Cancro ma anche per individuare gli interventi di prevenzione e di cura del Diabete stanziando 215 milioni di dollari.
Nel nostro Paese le dimensioni di questa patologia “multiorgano” sono date da alcuni dati davvero preoccupanti: ogni 2 minuti si fa una nuova diagnosi di Diabete Mellito di tipo 2 con 250.000 nuovi casi all’anno; 1 caso di Diabete ogni 7 presenta una complicanza cardiaca; ogni 26 minuti sviluppa un’Insufficienza Renale e ogni 30 ha un Ictus.
D’altronde il Diabete Mellito Tipo 2 è come un fiume carsico inarrestabile che, quando emerge a livello clinico, ha già ridotto la massa delle beta-cellule del pancreas (quelle che producono l’insulina, ormone indispensabile per la metabolizzazione degli zuccheri e la regolamentazione dei livelli di glicemia nel sangue) di circa il 50-70%.

La memoria metabolica

Alcuni recenti studi presentati in occasione di congressi internazionali hanno ipotizzato che questa “memoria metabolica” sia alla base della progressione del Diabete per esaurimento delle beta-cellule e dello sviluppo delle gravi e temute complicanze (cardiovascolari, oculari, renali, neuropatiche, cutanee-ulcerative ai piedi, il cosiddetto “piede diabetico”) di questa malattia che porteranno il Paziente, soprattutto se affetto da altre patologie (quasi sempre è presente una Sindrome Metabolica), a ricorrere alle cure ospedaliere otto volte in più rispetto al resto della popolazione, riducendo di 5-10 anni l’aspettativa di vita.


 

Diagnosi e cura

Diventa quindi importantissimo fare una diagnosi di Diabete Mellito Tipo 2 il più precocemente possibile e trattarlo adeguatamente seguendo le Linee Guida AMD e della SID, in modo da ridurre il più possibile l’impatto nefasto della memoria metabolica e ottenendo un idoneo controllo dell’andamento della malattia (e delle sue complicanze). I due punti cardine di tale strategia sono l’osservazione di adeguati stili di vita e la “personalizzazione” del trattamento terapeutico per giungere alla somministrazione di giuste dosi di Metformina, un ipoglicemizzante orale insulinosensibilizzante presente in tutti gli step terapeutici dell'Algoritmo AIFA di un anno fa da solo o associato ad altri farmaci (come i Glinidi, i Glitazoni, le Incretine e l’Insulina) cui vanno aggiunti gli antipertensivi (Ace-inibitori e Sartani) e le Statine per il colesterolo.
L’obiettivo è quello di portare a valori normali la glicemia a digiuno (tra 70-130) e post-prandiale, e mantenere l’emoglobina glicata sotto il 7%; altro obiettivo altrettanto importante è quello di tenere sotto controllo altri fattori di rischio come l’Obesità, le Dislipidemie, il fumo, la sedentarietà, le abitudini alimentari scorrette, specie tra i giovani, cardini della prevenzione non solo del Diabete ma più in generale delle Malattie cardiovascolari.

Attenzione al fallimento secondario

Ma tutto ciò è sufficiente per curare il Diabete Mellito Tipo 2 ed evitare complicanze e ospedalizzazione? Certamente no, perché, pur personalizzando il più possibile le strategie di intervento, incombe il rischio del “fallimento secondario”, che si verifica quando il controllo glicemico del Paziente, che per un adeguato periodo ha raggiunto i valori raccomandati, non si mantiene più entro tale target. Il controllo glicemico è pertanto destinato a peggiorare inesorabilmente, al primo farmaco ne va aggiunto un altro, poi bisogna ricorrere all’aggiustamento della posologia e successivamente si deve aggiungere ancora un altro farmaco, e così via lungo una spirale il cui approdo finale è l’insulina, vero e proprio incubo dei diabetici, in quanto rappresenta l’ultima spiaggia della cura.

Una nuova frontiera

E invece nel setting del Medico di Medicina Generale con “Interessi Clinici Speciali” (“General Practitioners with Special lnterests”) si sta aprendo una nuova frontiera nella cura del Diabete Mellito Tipo 2 proprio partendo dalla possibilità di introdurre la terapia insulinica appena si intravede il rischio del fallimento secondario agli agenti antidiabetici orali, combattendo così la “Clinical Inertia” legata a un insieme di fattori (l’atavica paura dell’ago, il rischio di ipoglicemia, il timore di ingrassare ma anche la riluttanza dello stesso Medico di Medicina Generale a “tentare” l’uso dell’insulina) che sommati l’uno all’altro ritardano l’inizio della terapia insulinica e quindi il raggiungimento dell’obiettivo terapeutico, facilitando così le complicanze tardive.


Starting Therapy Insulinica

Invece la cosiddetta Starting Therapy Insulinica va iniziata alle prime avvisaglie del fallimento terapeutico proprio presso lo studio del Medico di famiglia, associando alla terapia orale (quasi sempre Metformina) una sufficiente quantità di insulina “basale” ad azione lenta, senza picchi di attività, calcolata in base alla glicemia a digiuno del mattino e somministrata alla sera verso le 22 circa; successivamente, se è necessario, si può ricorrere ad una certa quantità ad azione rapida per correggere l’iperglicemia post-prandiale dosata in modo proporzionale all’introduzione soprattutto dei carboidrati e alla glicemia preprandiale. In questo modo si rispetta il fisiologico rilascio di insulina da parte del pancreas.
La Starting Therapy Insulinica può essere agevolmente iniziata dal Medico di famiglia, utilizzando schemi molto pratici e semplici che tengono conto della glicemia a digiuno del mattino.
Tutto questo percorso deve avvenire con un impegno del Paziente (empowerment) sempre più costante verso l’automonitoraggio glicemico e l’autogestione del conseguente aggiustamento terapeutico con la condivisione del Medico di famiglia che rimane sempre in costante e qualificato confronto con i colleghi dei Centri Diabetologici di riferimento, nell’ambito della gestione integrata di una patologia che non deve più fare paura.
Anzi, il trattamento “intensivo” così ipotizzato riduce la mortalità associata al Diabete del 50% nel corso dei 13 anni successivi e porta ad un risparmio economico considerevole già dopo 4 anni in un combinato virtuoso che lega appropriatezza diagnostica e terapeutica, ricerca scientifica e sostenibilità economica del Sistema Sanitario Nazionale.

La gestione integrata

Tutto ciò senza intaccare il modello italiano di gestione integrata del Diabete Mellito costituita da una rete capillare di Centri Diabetologici, che interagiscono con i Medici di Medicina Generale con “Interessi Clinici Speciali”, i cui risultati sono di gran lunga migliori che in Francia, Germania, Regno Unito e anche Stati Uniti in termini di riduzione dell'incidenza delle complicanze e dei ricoveri ma anche della mortalità, con costi pro-capite inferiori anche del 50-60%.
Tutto questo è possibile grazie ad una lungimirante legislazione ad hoc con cui il Governo si impegna a garantire ai Pazienti diabetici l'accesso alla cura e alle prestazioni in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. In questo modo è stato possibile raggiungere invidiabili punti di eccellenza in ogni parte d'Italia nella gestione integrata attraverso efficaci campagne di sensibilizzazione dei cittadini sulla prevenzione del Diabete (mediante attività fisica e corretti stili di vita) e campagne di informazione rivolte ai Medici con lo scopo di ribadire l’importanza di cure adeguate e appropriate onde evitare le gravi e dispendiose complicanze con relativo ricorso al ricovero ospedaliero.
Mentre all'orizzonte si prospettano altre sfide come la Telemedicina, la ricerca in ambito genetico e biomolecolare come pure nuove proposte terapeutiche e nuovi e più moderni sistemi di autocontrollo della glicemia (come il glucometro che non prevede l'uso di aghi), negli studi del Medico di Medicina Generale quotidianamente si affrontano i problemi contingenti legati al Diabete con la consapevolezza che è vero che bisogna combattere l'iperglicemia ma è l'ipoglicemia a far più paura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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