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Osteoporosi e fratture

Autore: Prof. Umberto Tarantino

L'Osteoporosi rende lo scheletro più fragile e aumenta il rischio di fratture

L’invecchiamento della popolazione, nel mondo occidentale, ha fatto sì che alcune patologie, come l’Artrosi e l’Osteoporosi, un tempo ritenute inevitabili e impossibili da prevenire e trattare, diventassero molto frequenti.

Il rischio di fratture

Caratterizzata da una diminuzione del contenuto minerale nell’osso e da alterazioni della sua struttura, l’Osteoporosi rende lo scheletro più fragile e aumenta il rischio di fratture che possono verificarsi anche per traumi banali. La scarsa qualità del tessuto fa sì che i processi di guarigione siano più lenti e che un eventuale trattamento chirurgico della frattura possa fallire. Ne consegue, per i soggetti colpiti, una perdita dell’indipendenza e l’incapacità di tornare alle condizioni di vita precedenti.
Le sedi in cui le fratture sono più frequenti sono: le vertebre, il femore, il polso, l’omero e la caviglia, ma qualsiasi osso può fratturarsi.
Le fratture del polso spesso si presentano in individui più “giovani” come, per esempio, le donne in menopausa da pochi anni, e devono essere considerate come una “spia” che segnala la presenza di fragilità ossea.
La frattura da fragilità, o da Osteoporosi, è definita come “frattura che avviene in seguito a una caduta dalla posizione eretta o da un’altezza inferiore”. Tutte le fratture conseguenti a traumi, che normalmente non sarebbero in grado di provocare una lesione ossea, devono essere considerate come un’Ipocalceun “segnale d’allarme”.
Le fratture dell’omero si presentano, solitamente, in età più avanzata e influenzano profondamente la capacità di svolgere le normali attività quotidiane da parte delle persone anziane. Le fratture del femore prossimale, se non adeguatamente e velocemente trattate, mettono a repentaglio la vita del Paziente e possono richiedere un periodo di allettamento prolungato, le cui conseguenze negative si sommano allo stato generale già compromesso, per la presenza di altre patologie (Cardiopatie, Diabete e Insufficienza Renale).

Valutiamo i fattori di rischio

L’Osteoporosi è un problema che coinvolge circa 5 milioni di persone in Italia. Ogni anno, nel nostro Paese, si verificano oltre 87.000 fratture del femore, 95.000 fratture del polso e 78.000 fratture vertebrali in soggetti oltre i 65 anni. L’Osteoporosi, tuttavia, è definita “epidemia silenziosa”, perché spesso non dà sintomi prima che si verifichi un evento fratturativo. Pertanto, è necessario valutare la presenza di fattori di rischio per Osteoporosi per prevenire le fratture da fragilità.
Tra questi, i più importanti sono:

  • la Menopausa precoce (prima dei 45 anni di età);
  • la presenza di Osteoporosi o fratture del femore nei parenti di primo grado;
  • il fumo;
  • la scarsa massa muscolare;
  • l’età superiore ai 65 anni;
  • anche i soggetti che hanno fatto uso di cortisonici per lungo tempo o che presentano Sindromi da malassorbimento (Celiachia, Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali) sono a rischio elevato.

Inoltre la riduzione dell’altezza corporea e l’aumento della Cifosi dorsale, spesso riferita come “difficoltà a mantenere il busto esteso”, possono suggerire la presenza di fratture vertebrali, che si verificano anche senza che sia avvenuto un trauma.
Ogni frattura, inoltre, aumenta la probabilità di fratture successive. Sfortunatamente, questi fattori di rischio e questi segni clinici spesso vengono ancora sottovalutati o trascurati sia dal Paziente che dal Medico.


 

 

La diagnosi

L’Ortopedico è frequentemente il primo e l’unico Specialista che si trova a trattare una frattura da fragilità. Egli ha, quindi, l’opportunità unica di identificare una condizione di scarsa qualità dell’osso, adottando un iter diagnostico e terapeutico appropriato o, almeno, suggerendo al Paziente di rivolgersi ad un centro specializzato, poiché potrebbe essere affetto da Osteoporosi.
La diagnosi strumentale si avvale dell’uso della MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata). Le metodiche più utilizzate e riconosciute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono la DXA (Dual- Energy-X-Ray-Absorptiometry) più indicata a livello della colonna lombare e del femore prossimale, e la QUS (Quantitative Ultra Sound, dispositivo che sfrutta gli ultrasuoni) del calcagno o delle falangi delle dita della mano.
L’OMS ha stabilito dei valori per distinguere, in base al confronto della densità minerale dell’osso esaminato con quella della popolazione giovane sana, un osso osteoporotico da un osso normale. La condizione intermedia è definita Osteopenia. La diagnosi non può basarsi solo sui valori misurati mediante le metodiche descritte, anche perché i valori ottenuti possono essere falsati dalla presenza di Artrosi, calcificazioni, grasso sottocutaneo.
Pertanto è fondamentale conoscere la storia clinica del Paziente. In presenza di fattori di rischio o di fratture da traumi banali, è utile ricercare la presenza di fratture vertebrali mediante una radiografia della colonna vertebrale e una eventuale morfometria, che consiste nella misurazione delle altezze posteriore, media e anteriore dei corpi delle vertebre, per identificare eventuali fratture. Infatti, se l’osso è fragile, anche solo con il peso del corpo le vertebre possono deformarsi ed assumere l’aspetto di un cuneo, di una lente biconcava, oppure appiattirsi.

Verificare lo stato metabolico dell’osso

Possono essere indicati anche degli esami del sangue, che consentono di avere informazioni sullo stato metabolico dell’osso e di valutare, ad esempio, i livelli ematici di calcio e vitamina D. Soprattutto nelle persone più anziane, infatti, è molto frequente riscontrare un’Ipocalcemia. Ciò è legato il più delle volte a un’alimentazione povera di latte e derivati, per problemi di Ipercolesterolemia. Ancora più grave e frequente è la carenza di vitamina D, conseguente a una dieta poco varia e alla scarsa esposizione al sole. Il deficit di vitamina D riduce la funzione muscolare e l’equilibrio, aumentando il rischio di cadute. 


 

 Farmaci e altri fattori di rischio

Altri fattori di rischio per caduta e, di conseguenza, per frattura, sono: assunzione di farmaci contro l’Ipertensione o di calmanti, problemi alla vista, presenza di gradini nell’ambiente domestico, tappeti, animali domestici, piccoli oggetti in casa in cui si può inciampare. Appare evidente come molti dei fattori di rischio per Osteoporosi e cadute siano correggibili, e un programma di prevenzione completo deve includere anche interventi mirati a rendere sicuro l’ambiente domestico e ad eliminare o correggere abitudini di vita o terapie farmacologiche che possano minare la salute delle ossa. 

Informazione e prevenzione

L’alimentazione va resa il più possibile completa ed equilibrata e, anche in casi di Osteopenia, è fondamentale reintegrare il calcio e, soprattutto, la vitamina D. La correzione dell’Ipovitaminosi (anche mediante una “terapia d’urto” iniziale a dosi elevate) e la prescrizione di attività fisica o fisioterapica regolare e adeguata al Paziente possono migliorare la deambulazione e rinforzare i muscoli. Ogni giorno dovrebbero essere assunti almeno 1 grammo di calcio e 800 Unità Internazionali di vitamina D. 
Purtroppo, ancora oggi, queste misure preventive spesso non vengono messe in atto e al Paziente non vengono fornite indicazioni per preservare la salute delle ossa.
L’Ortopedico dovrebbe, in base alla storia clinica del Paziente, riconoscere una frattura da fragilità e iniziare un percorso diagnostico appropriato, che porti alla creazione di un programma terapeutico basato sull’utilizzo di farmaci e supplementi di calcio e vitamina D, ma anche sulla correzione dei fattori di rischio modificabili. Nel caso in cui la struttura, in cui il Paziente viene visitato o sottoposto ad intervento chirurgico, non consenta le opportune indagini diagnostiche, l’Ortopedico ha il dovere e l’occasione importantissima di suggerire che la frattura trattata potrebbe essere dovuta ad una condizione di Osteoporosi.
Fondamentale è anche spiegare che l’Osteoporosi è una malattia, e non una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento e, come tale, può essere curata e se ne può arrestare o rallentare l’evoluzione, per migliorare la qualità di vita e scongiurare il rischio di nuove fratture. È inoltre doveroso dare indicazioni per una corretta prevenzione. La prevenzione può essere primaria (prevenzione dell’Osteoporosi), secondaria (prevenzione delle fratture in soggetti osteoporotici) o terziaria (prevenzione delle fratture successive in individui affetti da Osteoporosi severa, ovvero Osteoporosi con storia di fratture da fragilità). La prevenzione primaria inizia già in età infantile, poiché un’alimentazione equilibrata e un’attività fisica regolare consentono l’acquisizione di un buon picco di massa ossea, definito come la massima densità minerale dell’osso, che si raggiunge intorno ai 30 anni di età. La prevenzione secondaria e quella terziaria si avvalgono delle valutazioni cliniche e diagnostiche e delle misure terapeutiche già descritte, tenendo conto anche che condizioni di infiammazione cronica, favorite da patologie come il Diabete o da un accumulo del grasso addominale e viscerale, possono peggiorare ulteriormente la qualità dell’osso e influire negativamente sui processi di guarigione.
Un numero sempre maggiore di Ortopedici, in Italia e nel mondo, sta partecipando a progetti educazionali e alla creazione di Unità Polispecialistiche per la gestione ottimale dei soggetti con Osteoporosi e fratture da fragilità. Pertanto sarà sempre meno frequente e meno giustificabile limitarsi al solo trattamento chirurgico o conservativo delle fratture nell’anziano, e aumenteranno gli Specialisti in grado di adottare un approccio completo, che consideri, indipendentemente dall’età, il Paziente nella sua globalità e non solo in funzione dell’evento traumatico acuto.   

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