Colesterolo, un nemico da combattere

Autore: Prof. Claudio Di Veroli

 
Alcune situazioni tipo

Le alterazione più frequenti del colesterolo plasmatico e più in generale dell’assetto lipidico possono essere così riassunte:

  • soggetti con colesterolemia totale e LDL-C elevati, trigliceridemia normale e HDL-C normale o ridotto: in questi casi è necessario iniziare il trattamento con una statina a basse dosi per aumentarla gradualmente per poi eventualmente associare l’ezetimibe (valori accettabili per la colesterolemia totale: 180-200 mg/dl);
  • soggetti con colesterolemia totale e trigliceridemia elevate, HDL-C normale o ridotto: questi soggetti devono essere trattati con una statina da sola o associata con l’ezetimibe come per le ipercolesterolemie semplici fino a raggiungere valori di LDL-C accettabili (60-130 mg/dl); per la trigliceridemia si veda dopo;
  • soggetti con colesterolemia totale e LDL-C normali, trigliceridemia elevata e HDL-C ridotto: in questi casi la classe farmacologica di scelta è quella dei fibrati (fenofibrato) che agiscono sulla trigliceridemia elevata (valori accettabili: 70-150 mg/dl) e successivamente se l’HDL-C dovesse essere ridotto (valori accettabili: superiore a 50 mg/dl), nonostante un adeguato stile di vita e l’assunzione del fenofibrato, si può associare l’acido nicotinico; se ci fosse eccesso di peso e/o iperglicemia si possono aggiungere dei farmaci ipoglicemizzanti e si tenta di far ridurre il peso.

Se il colesterolo rimane alto

Nonostante oggi il trattamento sia efficace, il 45-50% dei Pazienti, pur facendo una terapia adeguata e ben impostata, non riesce a raggiungere l’obiettivo terapeutico. Siamo allora difronte ad un rischio cardiovascolare da “resistenza al trattamento”, documentato anche da alcuni studi clinici. Si discute se è espressione di una non perfetta copertura terapeutica sui lipidi e più in generale sui fattori di rischio cardiovascolare o di un fattore genetico che rende resistente al trattamento, o più semplicemente di un tardivo inizio della terapia farmacologica.
Altre interpretazioni ritengono importante il rischio cardiovascolare globale. L’azione preventiva e protettiva indotta da un cronico utilizzo delle statine (riduzione del rischio relativo di eventi) non si osserva oppure è meno evidente quando si valuta l’effetto del loro impiego sul rischio cardiovascolare globale (rischio assoluto di eventi). A questo proposito le Linee Guida consigliano di personalizzare il trattamento, sia verso l’assetto lipidico alterato sia verso la correzione di altri fattori di rischio cardiovascolare. La presenza/persistenza di uno o più fattori di rischio cardiovascolare, infatti, produce una resistenza all’efficacia farmacologica e un effetto sinergico verso la probabilità di realizzare un danno, in termini di morbilità e mortalità, verso organi ed apparati dell’organismo. 


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