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Antibiotici, uso e abuso

Autore: Dott. Giovanni Cassola

L’utilizzo corretto delle terapie antibiotiche è fondamentale sia per il successo sulla singola malattia che per limitare lo sviluppo di resistenze agli antibiotici  

Con la scoperta della Penicillina e la sua introduzione nella pratica clinica si è certamente aperta una nuova era nella battaglia alle infezioni. Malattie che fino ad allora erano incontrollabili potevano essere curate con armi adeguate, direttamente attive sugli agenti responsabili, i batteri. Ben presto divenne tuttavia evidente come l’efficacia non fosse destinata a durare. La comparsa delle resistenze batteriche, in parte già presenti in natura, ma soprattutto causate dalla pressione degli antibiotici, ha scatenato una progressiva rincorsa alla ricerca di nuovi antibiotici per cercare di arginare il problema.

Resistenza batterica, quali fattori?

Per ogni nuova molecola i batteri elaborano una nuova strategia di resistenza. La ricerca è ormai da anni molto ridotta e abbiamo pochissimi nuovi farmaci, in genere mirati su determinate categorie di germi ma le resistenze sono sempre più difficili da superare.
Oggi il problema dei germi multiresistenti è uno dei temi di più difficile gestione nel campo della sanità pubblica. Siamo di fronte a infezioni di elevata gravità e difficile gestione, con armi spesso inadeguate.
I fattori che determinano questa criticità sono molteplici: la popolazione è sempre più anziana e i Pazienti possono avere patologie croniche che, pur controllate da terapie specifiche, comportano una riduzione delle difese immunitarie. Le conoscenze, le capacità diagnostiche e terapeutiche della Medicina sono aumentate a dismisura e sempre di più ci troviamo ad applicare terapie mediche e chirurgiche una volta impensabili. Ecco quindi la possibilità di incorrere in infezioni legate alle pratiche assistenziali acquisite, cioè in conseguenza di un intervento o di una procedura di tipo medico-chirurgico ma anche dalle terapie croniche che sempre più Pazienti ricevono per periodi prolungati. In particolare le tipologie di accesso agli Ospedali in regime di “day surgery“, cioè con immediato ritorno a domicilio o “day hospital”, ossia con brevi soggiorni, accessi di poche ore ma ripetuti nel tempo, possono rappresentare il momento di contatto con germi multiresistenti “difficili”. Questo comporta che queste gravi infezioni non siano più presenti solo in Ospedale ma anche in ambiente cosiddetto comunitario.


 

Prevenire le infezioni

Ecco quindi la necessità di combattere queste vere emergenze sanitarie con una manovra a più fronti.
È intuitivo che prevenire il diffondersi delle infezioni/contaminazioni è di fondamentale importanza. Esistono tutta una serie di disposizioni e procedure per limitare al massimo il fenomeno; esse sono gestite, promosse e controllate da appositi Comitati per le Infezioni Ospedaliere, i cosiddetti CIO, che si occupano della corretta applicazione delle manovre di sterilità e della rigorosa osservazione dell’isolamento da contatto, oltre che della personalizzazione di strumenti e dispositivi sanitari, dell’impiego corretto dei guanti monouso, nonché raccomandano la più semplice e basilare di tutte le manovre: il lavaggio e la detersione delle mani, ancora spesso disattesa, ma che da sola sarebbe in grado dare grandi risultati.

Il buon uso degli antibiotici

L’altro, indispensabile, fronte è quello di promuovere la cultura del buon uso degli antibiotici. È sempre buona norma usare gli antibiotici solo se necessario e comunque su prescrizione del Medico che, da caso a caso, valuterà l’indicazione. Ad esempio, nelle forme infiammatorie delle prime vie aeree, prevalentemente di natura virale, come l’Influenza, non sono indicati, se non per eventuali complicanze batteriche. Anche la posologia e la durata della terapia sono importanti: dosaggi inferiori o durata insufficiente favoriscono resistenze mentre dosaggi troppo elevati possono determinare effetti tossici. Esistono numerose “classi” o “famiglie” di antibiotici che hanno diversa valenza terapeutica: alcune sono molecole di primo intervento e sono “ad ampio spettro“ di attività mentre altre sono specificamente attive nei confronti di batteri ben precisi; sono farmaci di seconda scelta e perlopiù riservati all’uso ospedaliero. Insomma  non sono tutti uguali e vanno scelti in base alle varie situazioni cliniche.
Quando siamo in presenza di una malattia infettiva che è stata studiata accuratamente con esami colturali che hanno permesso l’isolamento di un determinato germe, allora si ha la possibilità di saggiarne la sensibilità ai vari antibiotici e di avere così un antibiogramma. Una terapia scelta su questa base è detta “mirata” ed è la situazione ideale. È però di tutta evidenza che in certe situazioni, specialmente al di fuori delle strutture sanitarie, o per l’urgenza di iniziare la terapia o per mancanza di possibilità di eseguire esami colturali, può essere necessario partire con una terapia ragionata sul tipo di patologia, sul distretto interessato e sulla conoscenza dei più probabili germi in causa, anche in relazione alle realtà delle situazioni microbiologiche locali.


 

Quando non usare l’antibiotico

È inoltre molto importante saper decidere quando non trattare con antibiotico: in presenza di esami colturali che dimostrano la presenza di germi multiresistenti, ma in assenza di segni clinici e/o laboratoristici di infezione, si configurano situazioni di colonizzazione. In questi casi una terapia aggressiva e con più molecole tra quelle ospedaliere, che è indispensabile per le infezioni gravi sostenute da quei germi, non è indicata e anzi va evitata, mantenendo sotto controllo l’evoluzione clinica.

Limitare la Profilassi antibiotica

Un altro aspetto importante è quello della Profilassi antibiotica: se ben condotta e integrata con tutte le altre misure operative indispensabili, può ridurre a percentuali veramente limitate le infezioni. È utile ogni volta che ci sia necessità di un intervento chirurgico o anche diagnostico che comporti una certa invasività, con alterazione delle barriere naturali di difesa (cute, mucose, apparato respiratorio, ecc.). Deve essere assunta pochissimo tempo prima dell’intervento, deve essere estremamente breve, perlopiù una sola somministrazione endovenosa, e con il farmaco giusto in base alla sede della procedura in questione.
Dosaggi precedenti o ripetuti più volte dopo l’evento non servono ma possono invece essere dannosi.

Equipe specialistiche

Per gestire adeguatamente tutte queste problematiche, soprattutto a livello ospedaliero, è necessario il lavoro di equipe specialistiche; una delle componenti indispensabili è quella infettivologica che si prefigge l’educazione al corretto uso degli antibiotici, noto come “stewardship” antibiotica. La gestione corretta delle terapie antibiotiche è di fondamentale importanza sia per il successo sulla singola malattia batterica che per il possibile sviluppo di gravi resistenze agli antibiotici con ricaduta su tutti noi, poiché saremo sempre più disarmati nei confronti delle infezioni. Infatti gli errori di strategia antibiotica si ripercuotono anche sulle generazioni future, perchè le resistenze batteriche vengono integrate nei batteri e come tali riprodotte.
Insomma, gli antibiotici sono farmaci veramente utili, a volte indispensabili e “salva vita”, a patto che vengano usati e gestiti con attenzione e competenza. In questo senso ci sono doveri ben precisi, soprattutto da parte degli operatori sanitari. Ma anche ciascun cittadino deve fare la sua parte: non prendere antibiotici, se non prescritti, e assumerli invece nelle dosi e nei tempi corretti, senza “sconti” o interpretazioni soggettive, quando prescritti.