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Decadimento cognitivo, un approccio globale

Autore: Prof. Leandro Provinciali

Le complesse condizioni dovute al declino cognitivo possono essere prevenute e curate, delineando corretti quadri diagnostici e programmando interventi mirati

I dati sono espliciti: i soggetti con autonomia limitata a causa della compromissione cognitiva persistente e invalidante sono purtroppo in progressivo aumento. Vi è dunque una pressante esigenza di trovare risposte efficienti a un aspetto medico e sociale di grande rilevanza. Indubbiamente il numero crescente dei soggetti affetti da Demenza, che in Italia supera abbondantemente il milione di casi, è correlato a molti fattori fra cui quello prevalente è rappresentato dall’aumento della durata della vita, con conseguente diffusione delle malattie tipiche dell’età più avanzata.
Occorre d’altro canto segnalare che il decadimento cognitivo non è limitato alle condizioni di Demenza senile ma riguarda una serie considerevole di situazioni mediche nelle quali il cervello ha subito danni di diversa natura come nei casi di traumi, disturbi di circolazione arteriosa, utilizzo di sostanze tossiche, fra le quali prevale l’alcol, l’effetto di malattie metaboliche come il Diabete, gli effetti dannosi dei farmaci e, infine, le Malattie ereditarie che compromettono il Sistema Nervoso Centrale.

Una diagnosi più chiara

In assenza di una soluzione valida per tutte le cause, i principi comunemente utilizzati per contenere il danno umano e sociale del decadimento cognitivo sono riassunti in alcuni punti fondamentali:

  • un corretto inquadramento diagnostico;
  • l’utilizzo degli strumenti di prevenzione e di terapia attualmente disponibili;
  • la compensazione delle difficoltà attraverso interventi individuali e ambientali.

Nel corso degli ultimi anni molti piani sanitari regionali hanno affrontato i problemi medici correlati alle Demenze istituendo Centri dedicati alla diagnosi e all’erogazione di farmaci specifici. È opinione diffusa che il vantaggio socialmente più rilevante offerto dai farmaci indicati in alcune fasi dei casi di Malattia di Alzheimer, potenzialmente sensibili al trattamento (Progetto Cronos), sia rappresentato dall’esaltazione e dalla diffusione delle competenze sulla Demenza che era, in precedenza, diagnosticata in maniera approssimativa e tardiva, fatta eccezione per alcuni Centri qualificati. È chiaro che la vasta distribuzione dei Centri dedicati alla verifica delle abilità cognitive, con possibilità di quantificazione delle prestazioni compromesse, non appare sufficiente a definire un caso clinico, se non sono adeguatamente identificati gli aspetti cruciali della condizione esaminata: la natura della malattia responsabile della Demenza, la sua fase evolutiva, le caratteristiche dei fenomeni clinici ricorrenti e la prognosi a breve e medio termine.
È altresì evidente che solo una definizione diagnostica accurata può consentire di prevenire o controllare l’evoluzione del deterioramento cognitivo e, talora, di arrestarlo se si è in grado di rimuovere la causa con interventi mirati. Oltre a ciò, il corretto inquadramento consente di utilizzare in maniera appropriata i trattamenti disponibili con importanti vantaggi sul carico di assistenza necessari


Conoscere la malattia

L’accuratezza diagnostica delle forme di Demenza è essenziale sia per definire i bisogni correlati al quadro clinico che all’identificazione prognostica. Alcuni decenni or sono gran parte delle condizioni di deterioramento cognitivo erano attribuite a problematiche circolatorie di origine arteriosclerotica; in epoca successiva si è assistito alla tendenza a generalizzare la diagnosi di Malattia di Alzheimer, attribuendo a tale condizione tutte le condizioni di Demenza ad esordio senile. Negli ultimi anni l’approfondimento diagnostico è stato realizzato in molti Centri, portando a discriminare sia forme diverse di Demenza su base degenerativa, in relazione alle sedi cerebrali interessate elettivamente, sia molte condizioni di Demenza di natura diversa (dovuta a malattie vascolari, ad alterazioni metaboliche, all’uso di agenti tossici o particolari farmaci, a pregressi traumi o infezioni, ecc). La crescita dell’esperienza nel campo delle Demenze ha consentito lo sviluppo di numerosi Centri in cui viene realizzata una valutazione dimensionale orientata non solo alla definizione delle caratteristiche della compromissione cognitiva ma anche dell’andamento evolutivo, dei fattori causali o aggravanti, della risposta ai trattamenti, e caratteristiche ambientali più favorevoli al contenimento del disagio.

Gli strumenti di indagine

Tale approccio si integra con le indagini strumentali quali la Tomografia Assiale Computerizzata e la Risonanza Magnetica al fine di valutare le caratteristiche delle lesioni cerebrali e la Tomografia ad emissione di Positroni, allo scopo di definire la distribuzione della compromissione funzionale del cervello. Oltre a ciò particolare interesse assume la verifica dell’evoluzione del quadro clinico e strumentale, al fine di formulare un criterio prognostico nelle malattie a carattere peggiorativo.

Diversi quadri clinici

Nella Malattia di Alzheimer, ad esempio, le prestazioni maggiormente coinvolte all’esordio riguardano la capacità di rievocare esperienze non salienti, di produrre serie di parole legate da un criterio correlato al significato o alla loro struttura e lo scarso orientamento nel tempo e nello spazio.
Nelle forme correlate a problematiche circolatorie, invece, il disturbo di memoria è in genere diverso in quanto associato spesso a disturbi motori e condizionato dalla perdita della concentrazione e dell’iniziativa oltre che da un particolare disturbo di memoria. Occorre ricordare che le Demenze di origine vascolare rappresentano un gruppo eterogeneo di condizioni nelle quali possono prevalere sia i danni corticali che quelli sottocorticali, oppure una singola lesione in posizione “strategica”. In ambito funzionale, inoltre, possono combinarsi disturbi dell’iniziativa, del linguaggio, danni motori o visivi, depressione, compromissione dell’esplorazione dello spazio, ecc. Tale varietà di fenomeni rende complessa la differenziazione fra i diversi quadri attribuiti a Demenza vascolare ma l’impegno rivolto a una precisa definizione diagnostica è ripagato dall’ampliamento delle possibilità di definizione prognostica (quale sarà l’evoluzione della malattia) e di trattamento appropriato.


 

La terapia farmacologica

Nel corso degli ultimi anni un grande fervore ha caratterizzato la ricerca di nuovi farmaci utili nella Malattia di Alzheimer sebbene non siano stati ancora raggiunti risultati entusiasmanti. Le ricerche in corso sottolineano, inoltre, come “il pianeta Alzheimer”, responsabile di oltre la metà delle condizioni di Demenza, è caratterizzato da una varietà di situazioni diversificate per fenomenologia ed evoluzione e da cause che agiscono molti anni prima della comparsa dei sintomi. Un trattamento terapeutico ha più probabilità di essere efficace se indirizzato su condizioni specifiche, cioè sui sintomi più incisivi della disabilità del soggetto malato.
Con l’evoluzione delle conoscenze si è documentato che gli approcci terapeutici dovrebbero essere differenziati in relazione al quadro clinico di Demenza anche nel caso in cui essa sia stata attribuita alla condizione generale (e spesso generica) di Demenza senile o di Malattia di Alzheimer o “tipo Alzheimer”. Con la ricerca di nuovi farmaci si è osservato come solo alcune sottopopolazioni di Pazienti sembrano rispondere alle innovazioni terapeutiche. Tale riscontro ha portato a valutare la possibilità di approcci più mirati e, quindi, più efficienti. Infatti la consapevolezza di una diversa sensibilità alle terapie farmacologiche specifiche era maturata già fin dall’avvento dei primi farmaci indicati nella cura della Malattia di Alzheimer, oltre dieci anni fa. Appariva evidente come sia la forma clinica di Demenza che la fase di malattia mostravano risposte diverse ai farmaci disponibili, con esigenza di un approccio competente e mirato al singolo caso.

La Riabilitazione

Anche gli approcci di tipo riabilitativo, che in realtà sono finalizzati a contenere il deterioramento progressivo delle abilità cognitive piuttosto che a recuperare l’autonomia del soggetto demente, sono ampiamente praticati. Essi si basano soprattutto sulla possibilità di ricreare ambienti familiari per il Paziente per evitare la condizione di disorientamento, organizzando adeguatamente gli impegni quotidiana e il ciclo sonno-veglia e pianificando attività verso le quali il Paziente è motivato. Negli ultimi anni la diffusione e la competenza dei Centri di accoglienza di soggetti in condizione di Decadimento cognitivo è cresciuta sensibilmente con innegabili vantaggi sul piano etico, economico e sociale.

Personalizzare la cura

Nel nostro paese l’organizzazione familiare e ambientale consente spesso di compensare le difficoltà cognitive fino a una fase avanzata della malattia. È però necessario che gli interventi assistenziali siano personalizzati al fine di utilizzare le capacità residue di ogni individuo e le strategie cognitive ancora adottate. Oltre a ciò gli approcci ai disturbi psichici e comportamentali dovrebbero essere misurati, tempestivi e “tagliati su misura” per ogni soggetto, tenendo conto della particolare sensibilità ai farmaci, ulteriormente accentuata dalla condizione di demenza.

Prospettive future

È indubbio che le varie forme di Demenza rappresentino un’epidemia silenziosa che metterà alla prova i sistemi sanitari e sociali negli anni futuri. L’efficacia delle cure necessarie per arrestare tale epidemia è condizionata dall’approfondimento delle conoscenze fornite dalla Ricerca, dalla diffusione delle competenze e dall’efficienza dell’organizzazione. Se si pensa ai costi, diretti e indiretti, indotti dalla vasta popolazione affetta da Deterioramento cognitivo si deduce facilmente che impegni molto onerosi sono motivati quando finalizzati al miglioramento delle prospettive future, sia dei singoli individui che dell’intera comunità.

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