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Pertosse, come trattarla?

Autore: Dott. Giuseppe GullottaDott.ssa Melissa Gullotta

Grazie ad una corretta diagnosi e alla vaccinazione dei nuovi nati, obbligatoria in Italia dal 2001, è possibile contrastare con successo questa malattia 

La Pertosse è un’infezione delle vie respiratorie altamente contagiosa (un malato può infettare dal 50 al 100% delle persone con cui viene in contatto), causata dal batterio Bordetella pertussis. Il contagio avviene esclusivamente fra esseri umani e può colpire a qualsiasi età ma risulta particolarmente pericolosa soprattutto per i neonati. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.

I sintomi...

I primi sintomi della Pertosse compaiono in genere dopo un periodo di incubazione di 10-14 giorni dal contagio, trascorso il quale, l’andamento della malattia è caratterizzato da una fase iniziale (catarrale) con febbricola, starnuti, raucedine e tosse notturna, a cui fa seguito un intervallo di 2-3 settimane (parossistico) di episodi di tosse secca (5-15 colpi violenti e ravvicinati che terminano con un “urlo inspiratorio” e l’eventuale emissione di minima quantità di muco) e una fase di graduale recupero (convalescenza). La tosse convulsiva può ostacolare sia la respirazione che la capacità di alimentarsi.

... pericolosi per i più piccoli

La Pertosse può essere contratta a qualsiasi età, ma colpisce prevalentemente entro i primi cinque anni di vita, motivo per cui è annoverata fra le tipiche malattie infantili come Rosolia, Varicella, Parotite e Morbillo.
A causa delle possibili complicanze quali, ad esempio, le sovrainfezioni batteriche che possono causare l’insorgenza di Otiti, Polmoniti, Bronchiti o, nei casi più gravi, anche patologie neurologiche (Encefaliti e crisi compulsive), può diventare molto pericolosa per i bambini sotto l’anno di età. Può presentarsi, infatti, con le classiche manifestazioni (tosse violenta con risucchio inspiratorio alla fine ), ma anche con apnee che possono durare anche 20 secondi e che, riducendo l’afflusso di sangue al cervello, possono provocare gravi danni neurologici. Inoltre i colpi di tosse possono determinare emorragie sottocongiuntivali ed epistassi (sangue dal naso). Sotto i sei mesi e l’anno di età, quindi, la prognosi è particolarmente severa, con un tasso di mortalità dello 0,2% nei Paesi sviluppati e fino al 4% in quelli in via di sviluppo.

Come diagnosticarla?

È possibile procedere alla definizione della corretta diagnosi tramite un’analisi clinica oppure di un apposito tampone nasofaringeo per isolare il batterio (metodo colturale) oppure ancora, con la sierologia, in particolare attraverso:

  • test molecolare: PCR (reazione a catena della polimerasi) o Real time PCR (qPCR); rileva la presenza del materiale genetico (DNA) dei batteri nell’organismo in meno di due ore; questo test può essere applicato dal momento dell’insorgenza dei sintomi fino a circa 3-4 settimane dopo; si tratta di un metodo più sensibile rispetto al metodo colturale;
  • test sierologici per la ricerca di anticorpi anti B. pertussis (IgA, IgG, IgM): questi test rilevano la presenza di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione da B. pertussis; risultano inadatti per l’identificazione dell’infezione in atto, poiché la risposta immunitaria è tardiva; risulta invece particolarmente utile se eseguito nelle 3-4 settimane successive all’insorgenza dei sintomi, nei casi clinicamente dubbi e in contesto epidemico.

Il trattamento con antibiotici

La terapia per la cura della Pertosse consiste in un ciclo di antibiotici appartenenti prevalentemente alla famiglia dei macrolidi o dei sulfaminici. Se assunto prima della fase della tosse violenta, il principio attivo abbrevia il tempo della contagiosità e la durata della malattia, ma non sempre, purtroppo, ciò corrisponde anche ad una riduzione dei sintomi. Per alleviarli, quindi, vengono prescritti farmaci anti-tosse, sedativi e antispasmodici. ricovero è raccomandato per i bambini sotto un anno. Da citare, infine, che in passato sono state effettuate terapie ormonali per via sottocutanea con risultati soddisfacenti .

La chiave è la prevenzione

Lo strumento di prevenzione più importante contro questa malattia è senza dubbio il vaccino che, in Italia, è obbligatorio per tutti i nuovi nati a partire dal 2001. Consiste in tre dosi nel primo anno di vita e in due richiami al compimento del sesto anno e del quattordicesimo. È un vaccino che garantisce una buona risposta immunitaria ma non prolungata nel tempo, ecco perché sono necessari più richiami. Il vaccino, come i richiami, possono essere effettuati a qualsiasi età. Presente ormai da qualche decennio, oggi viene prodotto grazie all’Ingegneria genetica e risulta ben tollerato. È disponibile da solo oppure associato al vaccino anti-difterico-tetanico ed è consigliabile a tutti i lattanti che, come abbiamo visto, sono i soggetti più a rischio di sviluppare possibili complicazioni della malattia.

Il ruolo delle future mamme

Nel nostro paese è raccomandata e gratuita anche la vaccinazione per le donne in gravidanza non vaccinate o non immuni (è possibile verificarlo con un semplice prelievo di sangue) alla 27esima e alla 36esima settimana, in quanto l’immunizzazione aumenta la quantità di anticorpi che la madre passa al bambino. In caso di mancata vaccinazione in gravidanza, è utile effettuarla anche durante i primi tre mesi di vita del neonato, non solo per le mamme, ma anche per tutti coloro che verranno in contatto con il piccolo, così da costruirgli intorno una vera e propria cintura di sicurezza. 

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