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Bambini e rischio Diabete

Autore: Dott. Francesco Azzaro

È importante che i genitori possano riconoscere i campanelli d’allarme per arrivare a una diagnosi precoce 

Il Diabete Mellito (per semplicità lo chiameremo Diabete) è una malattia in aumento sia in Italia che nel mondo, solo nel nostro Paese si registrano circa 20.000 bambini e adolescenti affetti da Diabete mellito. Se un tempo si riteneva il Diabete come una malattia degli anziani, negli ultimi decenni le cose sono mutate: i dati più recenti indicano che l’età di insorgenza si è drasticamente abbassata colpendo sia la fascia dell’infanzia che quella dell’adolescenza.
Il Diabete è una malattia cronica caratterizzata da livelli alti di glucosio nel sangue (Iperglicemia). Questo zucchero è di fondamentale importanza perché rappresenta la “benzina di qualità” per le nostre cellule. Quando il livello di glucosio nel sangue si mantiene nell’arco della giornata tra 60 e 130 mg/dl non abbiamo alcuna conseguenza. Quando il soggetto, a digiuno, ha la glicemia tra 70 e 110 mg/dl viene considerato nella norma. Mentre valori di glicemia tra 110 e 125 mg/dl sono da considerare un campanello d’allarme. Spesso cambiando l’alimentazione, ma anche lo stile di vita, tutto rientra nella norma. Quando nel sangue abbiamo costantemente livelli più alti rispetto alla norma, il nostro organismo inevitabilmente ne subisce le conseguenze. Ecco perché mantenere la glicemia tra 70 e 110 mg/dl, a digiuno, rappresenta un obiettivo da raggiungere e mantenere.

Insulina e glicemia

Le cellule BETA del pancreas sono deputate alla produzione dell’insulina, un ormone che svolge la sua azione consentendo alle cellule di utilizzare il glucosio per lo svolgimento delle loro essenziali funzioni; l’alterazione dell’insulina si riflette pertanto su tutto l’organismo.
I livelli di glicemia alti sono essenzialmente dovuti a due cause: produzione di insulina insufficiente oppure, nonostante la presenza dell’insulina, questa non è efficace nella sua azione. Ecco perché non per tutti i diabetici è utile la somministrazione di insulina.

Familiarità, uno dei fattori di rischio

Il Diabete non è una malattia ereditaria: non vi è un passaggio obbligato da una generazione all’altra ad eccezione di un tipo, il Diabete MODY. Per il Diabete si parla invece di familiarità. Ciò significa che, quando nell’ambito familiare è presente un soggetto diabetico limitatamente a genitori, fratelli e sorelle, vi è un rischio maggiore rispetto agli altri di ammalarsi di tale patologia.
Il Diabete viene classificato in 4 tipi: tipo 1; MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young); tipo 2 e Diabete in gravidanza. Vediamo più nel dettaglio le prime due forme di questa malattia, entrambe tipiche dell’infanzia e dell’adolescenza.

Il Diabete tipo 1

Oggi sappiamo che ci sono soggetti geneticamente predisposti a manifestare malattie autoimmuni. Il Diabete di tipo 1 rientra nel quadro di tali patologie. Sicuramente la manifestazione non è solo genetica, ma dipende anche da diversi fattori di cui l’ambiente, con cui l’organismo interagisce, ha un ruolo fondamentale.
Le malattie autoimmuni sono caratterizzate dalla produzione e messa in circolazione di sostanze, chiamate anticorpi, che colpiscono tessuti e organi propri riconoscendoli come estranei. Gli anticorpi ci sono utili perché svolgono un’importante azione di difesa quando distruggono o rendono innocue sostanze nocive per il nostro organismo. Purtroppo, in questo caso, gli anticorpi prodotti attaccano le cellule BETA del pancreas che producono insulina, e ciò conduce alla riduzione fino all’azzeramento dell’ormone insulina che è uno dei regolatori della glicemia. La conseguenza è l’elevata concentrazione di glucosio nel sangue.

Come si manifesta

La scarsità o l’azzeramento dell’insulina non permette all’organismo di utilizzare il glucosio come fonte energetica e lo ritroviamo nell’urina. Questo zucchero richiama acqua e aumenta il volume urinario; con la perdita di acqua attraverso l’urina il diabetico ha sete e beve per compensare le perdite. Pertanto, i soggetti con Diabete tipo 1 si devono sottoporre, per tutta la vita, alla terapia insulinica.
L’esordio della malattia si ha spesso dopo un episodio febbrile accompagnato dai seguenti sintomi :

  • sensazione di stanchezza;
  • urina abbondante;
  • sete abbondante;
  • aumento dell’appetito.

Quest’ultimo sintomo lo definiremmo paradosso perché a fronte di mangiare tanto la persona dimagrisce.

Perché si urina e si beve molto?

Quando il glucosio che circola nel sangue (glicemia) ha valori superiori a quelli normali, a livello dei reni si verifica la necessità di eliminare il glucosio in eccesso. I reni conoscono un metodo semplice: diluiscono il glucosio con acqua per poterlo eliminare e cercare di normalizzare il livello della glicemia. Quindi, maggiori sono i livelli di glucosio, più tale zucchero richiama acqua e più l’urina aumenta di quantità: tutto ciò porta ad una minzione frequente. Eliminando grandi quantitativi di acqua con l’urina, si innesca un altro meccanismo, quello dell’aumento della sensazione di sete. La sete intensa, avvertita dai diabetici, porta dunque a bere molta acqua per poter fronteggiare le perdite di cui sopra.


Perché si ha stanchezza?

Come detto in precedenza, il glucosio rappresenta la “benzina di qualità” per l’organismo, ma tale zucchero può essere utilizzato solo in presenza dell’insulina. Nel caso del Diabete tipo 1, l’insulina è scarsamente prodotta o addirittura azzerata. Le cellule utilizzano quindi un “carburante alternativo” che, non essendo la fonte energetica ottimale, porta l’organismo a debolezza muscolare e stanchezza.

Perché si mangia di più e si dimagrisce?

L’organismo percepisce l’utilizzo del “carburante alternativo” come una carenza di risorse alimentari e scatta il senso della fame. Nell’organismo si istaura però un meccanismo paradosso: si mangia di più ma si dimagrisce. Questo è evidente, dal momento che tutte le cellule non sono in condizioni ottimali per esplicitare la loro funzione.

Il Diabete MODY

È l’altra forma di Diabete nel bambino, non è comune, tanto che rappresenta l’1-2% di tutti i diabetici. La caratteristica del Diabete MODY è l’Iperglicemia ereditaria, non autoimmune, che quindi si differenzia dal tipo 1. I criteri per formulare la diagnosi di Diabete MODY sono:

  • età d’insorgenza inferiore ai 25 anni;
  • non uso dell’insulina per più di due anni dall’esordio con controllo metabolico;
  • almeno tre generazioni affetti da Diabete nell’albero genealogico familiare;
  • assenza di autoimmunità.

Tutti i difetti genetici che si hanno nel tipo MODY sono responsabili dell’alterazione della secrezione dell’insulina. Ecco perché l’Iperglicemia a digiuno, come ad esempio nel MODY2, si mantiene tra 110-140 mg/dl.

Le sue varie forme

In relazione al punto o alla sequenza del gene interessato, esistono diverse forme di Diabete MODY e, tra queste, il MODY2 e il MODY3 sono le più rappresentate (80-90%). I Pazienti con MODY 2 sono i più “fortunati” perché il controllo glicemico si ottiene con la sola dieta di esclusione degli zuccheri semplici e attività motoria. I soggetti con MODY3 (la forma più comune) devono invece seguire la terapia con ipoglicemizzanti orali e sono esposti a Retinopatia, microalbuminuria (presenza di albumina nelle urine) e a complicanze cardiache.

I Test genetici

Oggi la tecnologia biologica molecolare ci consente, con relativa precisione, di diagnosticare questa forma di Diabete attraverso Test genetici. A volte, in occasione della diagnosi del bambino per Diabete MODY, si riesce a individuare la malattia anche nei parenti prossimi che, apparentemente, non sembrano avere problemi di Iperglicemia. Questo è possibile poiché nel corso della loro vita non hanno mai manifestato sintomi eclatanti. La diagnosi di Diabete si basa sulla presenza di:

  • emoglobina glicata uguale o superiore a 6,5%;
  • glicemia superiore a 125 mg/dl, a digiuno;
  • glicemia uguale o superiore a 200 mg/dl in qualsiasi momento della giornata.

Chiaramente, e purtroppo, nel Diabete tipo 1 e nel MODY la prevenzione non è possibile.

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