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Alimentazione per vivere a lungo

Autore: Dott. Domenico Tiso

Abbiamo almeno cinque occasioni al giorno per realizzare le buone potenzialità dei nostri geni

Forse non tutti sanno che i nostri geni sono predisposti per farci vivere fino a 120 anni. C’è chi azzarda addirittura 140! È un bonus che ci viene offerto alla nascita, una sorta di “libretto di garanzia” che ci viene rilasciato quando veniamo al mondo. In realtà, la durata media della vita nei Paesi occidentali, quelli con la maggiore aspettativa, si aggira intorno agli ottanta anni: un po’ di meno per gli uomini e un po’ di più per le donne. Perché questa discrepanza tra potenzialità genetica e realtà dei fatti? Uno dei motivi che non ci consente di usufruire appieno di questo “bonus” è legato allo stile di vita spesso irresponsabile e alle scelte alimentari inconsapevoli. Abbiamo cinque (o più) occasioni al giorno (1.825 e più occasioni ogni anno) per decidere se realizzare le potenzialità dei nostri geni oppure no. Se investire o disinvestire in salute.  

Definiamo la salute

Ma cos’è esattamente la salute? Già nel 1948, l’OMS aveva definito la salute come “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità." Ma procediamo oltre. Ad esempio, esistono differenze tra preservare la salute, prevenire le malattie e curare le malattie? Riflettiamoci! La semantica può venirci in aiuto. Se parliamo di prevenzione e cura, siamo portati automaticamente a pensare alle malattie. Parliamo, dunque, di prevenzione delle malattie e cura delle malattie. Diversamente, se parliamo di preservazione e tutela, ci riferiamo automaticamente alla salute. Non è curioso? Avevamo mai riflettuto su questa sfumatura?
Ebbene, si tratta di una sfumatura non di poco conto. Se impareremo a tutelare la nostra salute, riusciremo a percorrere più a lungo la strada della vita. Sarà più probabile sfruttare appieno il potenziale genetico offertoci alla nascita. E ciò dipende, in gran parte, da noi.

Le scelte alimentari

L’alimentazione, ad esempio, gioca un ruolo importantissimo in questo percorso. Le scelte alimentari hanno un peso significativo sulla nostra aspettativa di vita. Ma come scegliamo i cibi e le bevande che consumiamo quotidianamente? Le informazioni in nostro possesso bastano a indirizzare correttamente i nostri acquisti, la preparazione dei nostri piatti, il modo di mangiare, il tempo dedicato a queste attività? Purtroppo non sempre, perché le apprendiamo distrattamente, parzialmente, scegliendo quelle più convenienti al nostro modo di essere, spesso da fonti di parte. La fretta che ci attanaglia, ci lascia poco tempo per pensare, ragionare, essere critici e coscienti. La spesa, fatta per lo più una volta a settimana, nel fine settimana libero dagli impegni di lavoro, è un atto deleterio per la nostra salute. Perché ci porta a comprare, soprattutto, prodotti a lunga conservazione, raffinati e ipersaporiti. Prodotti ricchi di calorie e vuoti di nutrienti utili alla salute delle nostre cellule. In sostanza, le informazioni propongono promesse allettanti e noi compriamo emozioni eccitanti. Il prodotto, inteso come cibo o bevande, si svuota del significato primario e diventa un “conforto” per affrontare la quotidianità sempre più stressante. Ecco dunque che la qualità diventa secondaria, come la freschezza dei cibi, e diamo maggiore peso alla quantità aiutati dalla certificazione della “lunga conservazione”. 


Attenzione alle dimensioni del piatto
Al giorno d’oggi, in cui regna l’abbondanza, anche i piatti sono aumentati di dimensioni. Quelli delle nostre nonne avevano un diametro di 20-25 centimetri; i nostri, quelli che usiamo quotidianamente a casa o al ristorante, misurano 30-35 centimetri di diametro. Pensiamo quindi all’effetto che faranno 100 grammi di spaghetti in un piatto di 25 centimetri oppure in un piatto di 35 centimetri. Nel primo sembreranno molti, troppi alla vista; nel secondo appariranno come una porzione inadatta a sfamarci. L’inganno dei sensi, la vista in questo caso, ci fornirà percezioni differenti secondo le dimensioni del contenitore:

  • piatto piccolo: porzione apparentemente grande - percezione visiva di sazietà - basta mangiare;
  • piatto grande: porzione apparentemente piccola - percezione visiva di fame inappagata - mangiamo ancora.

Quindi, i piatti grandi ci inducono a mangiare di più? Sembra di sì. E noi, per natura, tendiamo a riempire i nostri recipienti senza tener conto della loro misura. E poiché fin da bambini siamo stati abituati a consumare tutta la porzione che abbiamo nel piatto, è probabile che ancora oggi la mangeremo tutta. In definitiva, la vergogna della maleducazione può procurarci danni alla salute. Ecco perché sarebbe buona abitudine porre attenzione al diametro dei piatti: meglio quelli di una volta, se desideriamo ritornare al nostro pesoforma senza sacrifici e con gusto. 

La fretta

Ma i sensi sono ingannati anche da altri fattori, come la fretta. La percezione cronica della mancanza di tempo può peggiorare l’irresponsabilità delle nostre scelte alimentari. Ci sembra di non avere mai tempo, eppure il tempo lo abbiamo ma lo dissipiamo. Ogni giorno, secondo l’ISTAT, dedichiamo più di 4-5 ore al tempo libero, e buona parte di questo lo spendiamo davanti alla televisione. In Italia, il sesso maschile trascorre quasi due ore al giorno davanti alla televisione, mentre le donne 1 ora e mezza. La pubblicità gioca un ruolo di primo piano nel riempimento del nostro tempo libero. 

I bambini

I bambini rappresentano un target molto interessante per il marketing, in quanto una delle priorità del marketing, è proprio quella di “allenarli” a diventare degli ottimi consumatori. Già nel lontano 1957 la rivista Advertising Age sottolineava che i bambini sono alleati ideali per convincere gli adulti all’acquisto di prodotti. E suggeriva: “se volete delle vendite veramente cospicue, servitevi dei bambini come aiuto-commessi”. Eravamo nel 1957.

Verso la consapevolezza

Abbiamo bisogno di riappropriarci della coscienza critica, del buon senso, del tempo. Sì, perché chi ha tempo mangia meglio di chi percepisce di non averne. La consapevolezza è il motore per cambiare il nostro comportamento e mettere in discussione le abitudini errate ed inveterate. Ciò non è facilmente attuabile perché il cambio di abitudini ci sposterà da una zona di “confort” ad una di “disconfort”. E ciò è faticoso, almeno all’inizio. Ma possiamo rendere più agevole questo passaggio lavorando sui momenti quotidiani già “in agenda”. Non abbiamo bisogno di inserire altri impegni, soprattutto se ci “manca” il tempo. Usiamo meglio gli appuntamenti già “programmati”: la colazione, lo spuntino mattutino, il pranzo, la merenda, la cena. E cominciamo a “non saltarli”: è già un decisivo e grande passo verso la salute. Sono 5 momenti al giorno, 1.825 in un anno, circa 20.000 in 10 anni. Quante occasioni, già programmate, per investire in salute!

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