Desiderio di dimagrire: dal disagio alla tutela della salute

Autore: Prof. Lorenzo M. DoniniDott. Edoardo Mocini

È importante differenziare tra obiettivi di benessere reale e aspettative sociali, garantendo un approccio olistico centrato sul benessere complessivo 

Nella pratica medica, l’aderenza a specifici modelli estetici non dovrebbe rappresentare un obiettivo di per sé. In ambiti come la Chirurgia plastica e ricostruttiva ad esempio, l’estetica è considerata uno strumento che influisce sulla “funzionalità” e sul benessere del Paziente, non solo in termini meccanici ma anche psicologici e sociali. La Chirurgia non dovrebbe dunque mirare esclusivamente a modificare l’aspetto quanto più a migliorare la qualità della vita del Paziente, avendo come fine ultimo il mantenimento e il raggiungimento della salute.

L’influenza dei social media

In un’era dominata dai media, ancora di più oggi con l’ascesa dei social media, la nostra percezione del corpo è profondamente influenzata dalle rappresentazioni mediatiche proposte. Le immagini che circolano in questi canali propongono modelli estetici spesso irraggiungibili e irrealistici, creando aspettative che possono distorcere la realtà. Attori, attrici, modelli e modelle, mostrano nei media (tradizionali e social) corpi che sono stati sottoposti a trattamenti di ogni tipo, a successiva post produzione digitale e a stili di vita che loro stessi spesso definiscono come “non sani”. Per quanto possa essere razionalmente facile comprendere come quei corpi non siano “reali”, sarebbe ingenuo credere che una rappresentazione così pervasiva non abbia un effetto “inconscio” sulla mente e sulla considerazione che abbiamo del corpo, sia nostro che altrui.

Obesità, patologia complessa

Parallelamente a tutto questo, nella nostra società è accaduto qualcos’altro. La struttura della nostra società ha subito notevoli cambiamenti, molti dei quali hanno favorito uno stile di vita più sedentario e un consumo crescente di alimenti ultra-processati, altamente piacevoli sul piano del gusto, ad alta densità calorica e bassa densità nutrizionale. Questi cambiamenti hanno avuto come conseguenza un aumento generalizzato del peso nella popolazione (più specificamente degli accumuli di grasso), in alcuni individui fino allo sviluppo di una vera e propria patologia: l’obesità. È fondamentale comprendere che l’obesità non è il risultato di semplice pigrizia o ingordigia. La ricerca medica ha chiaramente identificato l’obesità come una patologia complessa, influenzata da una serie di fattori genetici, ambientali, psicologici e sociali. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza scientifica, il pregiudizio verso le persone con obesità, spesso definito “stigma del peso”, persiste. Questo fenomeno è alimentato e a sua volta alimenta gli ideali estetici pervasivi, che promuovono un tipo specifico di corpo come possibile o auspicabile. Se internalizzo credenze stigmatizzanti sulle persone con corpi grassi, sicuramente sarà ancora più pervasivo il desiderio di mantenere o raggiungere la magrezza.

Natura cronica dell’obesità

Quanto detto finora si scontra con un altro fatto: molte persone, tra cui gli stessi Pazienti, non riconoscono la natura cronica dell’obesità. Cosa intendiamo quando parliamo di cronicità? Significa che, al contrario di quanto molti credono, per la maggior parte delle persone con obesità la magrezza è un obiettivo non solo non necessario, ma nemmeno realistico. Si può sicuramente trattare la patologia, riducendo gli accumuli adiposi e le conseguenti complicanze mediche. Tuttavia quando questo si realizza, anche con strumenti potenti come i farmaci o la Chirurgia, dati alla mano nella maggior parte dei Pazienti con obesità non si raggiunge la “magrezza” (con tutta la difficoltà di definire una simile caratteristica che per il Paziente ha connotati più sociali che clinici).

Percorsi terapeutici e aspettative

In ambito obesiologico e clinico emerge dunque un paradosso: gli obiettivi che noi clinici come professionisti sanitari proponiamo, in termini di perdita di peso, sono spesso meno ambiziosi rispetto alle aspettative stesse dei Pazienti. Il Paziente può raggiungere un peso corrispondente al suo target terapeutico, risolvere o comunque migliorare considerevolmente il proprio quadro clinico metabolico complessivo (ad esempio un buon controllo glicemico), e tuttavia rimanere insoddisfatto rispetto al suo desiderio di magrezza. Questa discrepanza può condurre al fallimento di molti percorsi terapeutici. I Pazienti, profondamente insoddisfatti, mirano dunque principalmente, se non esclusivamente, a conformare il proprio corpo all’ideale di magrezza promosso dalla società, non a migliorare il proprio stato di salute.

Anche la fascia di popolazione “magra” subisce gli effetti di questo cortocircuito e non è immune dal potente e pervasivo desiderio di magrezza. La paura di essere percepiti come grassi, o addirittura anche la semplice paura di potervi diventare, è spesso presente. In alcuni casi questa preoccupazione non è neanche correlata alla realtà del proprio corpo, ma piuttosto a una percezione distorta o esagerata della propria immagine corporea.

L’abuso di farmaci

Non è sorprendente dunque, visto quanto detto finora, come vi sia un abuso di farmaci destinati al trattamento dell’obesità allo scopo di perdere peso in persone già “magre” o in blando sovrappeso o addirittura sottopeso. La letteratura indica come quasi un terzo delle donne normopeso e sottopeso abbia tentato di dimagrire durante l’anno. Questo fenomeno riflette l’entità della pressione sociale e la potente forza dello stigma grassofobico, che spinge le persone a misure estreme pur di conformarsi a un ideale irrealistico di magrezza.

Promuovere un approccio centrato sul benessere

Mentre affrontiamo una crescente epidemia di malnutrizione per eccesso, che sfocia nell’obesità e in altre patologie metaboliche, è essenziale riconoscere che esiste, in parallelo, un profondo desiderio di magrezza che ha scarso legame con la ricerca di un autentico benessere o con il trattamento di patologie. Un desiderio, alimentato da ideali estetici distorti e da pressioni sociali, che può sabotare i tentativi terapeutici di trattare l’obesità e spingere gli individui verso comportamenti alimentari dannosi quando non patologici. Come professionisti sanitari, è imperativo differenziare tra obiettivi di benessere reale e aspettative sociali, garantendo un approccio olistico e centrato sul benessere complessivo del Paziente e della collettività. Risulta necessario, come collettività ma soprattutto come comunità medica, spostare l’attenzione dal peso allo stato di nutrizione, allo stato di salute e, in senso più ampio, a quello di benessere e di qualità di vita, temi ampiamente dibattuti in occasione del XLIII Congresso Nazionale della SINU Società Italiana di Nutrizione Umana, tenutosi lo scorso giugno ad Arezzo.