Negli ultimi anni, solide evidenze scientifiche hanno dimostrato i numerosi effetti sfavorevoli che un eccessivo, e sottolineiamo eccessivo, consumo di zucchero, di dolciumi e bevande zuccherine ha sul peso corporeo, sul metabolismo glucidico, sulla sensibilità insulinica e sul profilo lipidico, aumentando il rischio di obesità e delle patologie ad essa correlate, come Diabete di tipo 2, Sindrome metabolica, Dislipidemie, Patologie cardiovascolari e anche Neoplasie.
In questo panorama l’uso di dolcificanti naturali e artificiali è stato fortemente incoraggiato come strategia per ridurre l’introito calorico e prevenire l’obesità. A tal proposito, però, è bene sottolineare che preferire un dolcificante, specie se artificiale, non è una scelta migliore rispetto a consumare modiche quantità di zucchero o miele. Scopriamo il perché.
Cosa sono i dolcificanti
Per definizione, i dolcificanti o edulcoranti sono sostanze usate per conferire un sapore dolce alle bevande e/o agli alimenti a cui sono aggiunti. A seconda della loro origine, sono distinti in naturali, estratti dalle piante e dotati in genere di contenuto calorico, e dolcificanti artificiali, sostanze ottenute per sintesi chimica, con un potere nutritivo minimo o assente e un sapore dolce molto persistente.
Dolcificanti artificiali
Studi recenti hanno dimostrato che questi composti sono in grado di influenzare alcune funzioni dell’organismo quali il senso di fame-sazietà, l’assorbimento intestinale e l’equilibrio del microbiota intestinale, con riduzione dei lattobacilli e aumento delle specie enterobacteroides. Alcuni di questi sono stati associati ad un aumento del rischio di Neoplasie, come la saccarina, per esempio, il cui uso fu vietato dalla “Food and Drug Administration” (FDA) per una possibile cancerogenicità vescicale (tale divieto fu poi revocato). L’EFSA (European Food Safety Authority) per ogni dolcificante artificiale ha stabilito la dose giornaliera accettabile (DGA), definita come la quantità di sostanza espressa in grammi per kilogrammo di peso corporeo che la persona può assumere per tutta la vita senza rischi per la salute.
Dolcificanti naturali
Tali alimenti comprendono lo zucchero comunemente conosciuto, il quale a sua volta comprende lo zucchero da barbabietola e lo zucchero di canna oltre che un gruppo di dolcificanti distinti in derivati dagli zuccheri (es. il fruttosio), dolcificanti derivati da carboidrati complessi o glicosidi, quali lo stevioside (più comunemente chiamato stevia) e dolcificanti derivati da polialcoli, quali sorbitolo, mannitolo e xilitolo.
Lo zucchero da barbabietola
Questo zucchero si ottiene dall’estrazione e lavorazione del liquido prodotto dalla barbabietola comune, conosciuta come barbabietola rossa per il colore intenso del tubero e delle foglie. La barbabietola è un vegetale conosciuto fin dal 420 a.C. e veniva utilizzata principalmente a scopo alimentare e per foraggio animale, solo nel 1600 ebbe diffusione l’uso della radice. Per quanto riguarda la barbabietola da zucchero, invece, si deve aspettare il 1747, quando il Dott. Margaff, un chimico russo, scoprì che era possibile ottenere cristalli zuccherini dalla barbabietola, simili a quelli prodotti dalla più comune canna da zucchero. Successivamente nel 1800 iniziò la produzione industriale di zucchero a partire dalla barbabietola.
La produzione segue varie fasi: la prima è l’estrazione del succo, detto melassa o sciroppo, dalla bollitura delle barbabietole; la melassa è poi depurata e concentrata, infine raffinata e trasformata in cristalli. Questo permette di ottenere lo zucchero bianco raffinato formato al 100% da saccarosio. In commercio però si trovano anche le forme più grezze della lavorazione, come la melassa di barbabietola e lo zucchero bruno; queste ultime sono ricche di sali minerali e sostanze nutrienti del primo succo di barbabietola. La barbabietola da zucchero è indicata come ricostituente poiché ricca in vitamine (come la vitamina A e alcune del gruppo B), sali minerali (come sodio, calcio, ferro, potassio, magnesio e fosforo), antiossidanti e flavonoidi.