Dipendenza dal gioco, che fare?

Autore: Dott.ssa Simona Scortichini

 

La personalità del giocatore patologico

Sebbene alquanto riduttivo e non esaustivo dell’unicità di ogni persona, il “profilo” del giocatore patologico prevede: sesso maschile (rapporto con le donne di 2:1); livello d’istruzione-formazione medio-basso; disponibilità economica; “familiarità” per il gioco d’azzardo già in preadolescenza (specie fra i genitori, legati a lotto o lotterie); credenza che il destino, più che le proprie abilità, azioni e sforzi personali, determini gli eventi della vita; comorbilità elevata con l’uso di sostanze (64%), disturbi dell’umore (50%) pregressi o concomitanti, il disturbo narcisistico di personalità (allo scopo di difendersi da un profondo senso di inadeguatezza, queste persone sfidano continuamente se stesse per provare il proprio valore personale e le proprie capacità, presentano una scarsa tolleranza alla frustrazione ed un’accentuata sensibilità a vissuti di successo/fallimento personale) e la personalità ad organizzazione borderline (quadro complesso contraddistinto da una marcata “impulsività” e “instabilità” in aree importanti della vita come relazioni, lavoro, salute).
Dagli studi, inoltre, emerge che la personalità del giocatore d’azzardo patologico sia caratterizzata da una stretta associazione fra il tratto impulsivo, la dimensione alessitimica (problematica capacità di “dar voce” ai propri sentimenti ed emozioni, che implica difficoltà sia nel riconoscimento affettivo che nella rappresentazione cognitiva degli stessi, difficoltà nella descrizione dei vissuti emotivi, scarse capacità empatiche e difficoltà nel distinguere fra stato emotivo e sensazione corporea) e pattern di attaccamento insicuro (“modo” di organizzare il rapporto con gli altri, con gli amici, col partner, il grado di fiducia che si ha nel prossimo e sull’adattamento futuro). In quest’ottica, la tendenza all’azione diviene sostitutiva della capacità di riconoscere e mentalizzare stati emotivi che rimangono, dunque, quote di tensione “intrappolata” da evacuare.
Dato uno stile di attaccamento su di sé e sugli altri scarsamente fiducioso e tendente all’evitamento del coinvolgimento emotivo nel raggiungimento dei propri obiettivi e interessi personali, sembra dunque giustificata la ricerca compulsiva di un’attività in grado di risolvere tale tensione “all’esterno”.

I “ricercatori della sensazione rischiosa” hanno una spiccata sensibilità alla noia, intolleranza all’inquietudine non appena la sentono arrivare e “scaricano” attraverso l’eccitazione che la sensazione forte genera: un nuovo Sé esaltato, vittorioso e potente, narcisisticamente trionfante (da sovrapporre ad un’immagine reale di sé svalutata).
Se da un lato la realtà del “giocatore d’azzardo patologico” sembra spesso lontana ed avulsa dai nostri bar, casinò o tabaccherie, il “giocatore patologico” è una persona come tante che frequentano questi posti “comuni”.
Inoltre, se è vero che il gioco d’azzardo non è né buono né cattivo e non può essere condannato a priori, ma dipende dal giudizio personale al riguardo, proprio la forte ambivalenza che contraddistingue la considerazione e la diffusione di questo tipo di attività all’interno del nostro tessuto sociale, di certo non aiuta a fare chiarezza sulla questione. Lo Stato stesso da una parte ne incentiva la fruizione promuovendo ad esempio lotto e lotterie varie e “gratta e vinci”, e tollerandolo all’interno di “spazi definiti” (con slot machines e “macchinette” varie, scommesse, ecc.), dall’altro lo condanna legalmente e moralmente, con tanto di riferimenti al codice penale nelle comunicazioni affisse negli stessi luoghi in questione o promuovendo campagne di prevenzione attraverso i mass media.
Per quanto questi ultimi due elementi citati siano fondamentali, proprio in quei luoghi, oltre che in generale, per favorire la prevenzione ed una maggiore informazione circa i rischi cui il giocatore va incontro esattamente nel momento in cui si appresta ad inserire il suo gettone o a fare la sua scommessa, questo tipo di atteggiamento “globale” è altamente confusivo e “paradossale”.