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Educazione al contatto e Biodanza

Autore: Dott.ssa Elisabetta Lazzaro

La Biodanza e l’Educazione al contatto permettono a bambini e adolescenti di sperimentare la dimensione affettiva e favoriscono l’elaborazione di eventi traumatici

Entro in palestra, sta per iniziare l’incontro di Biodanza, alcuni bambini già arrivati si fermano un istante e poi riprendono la loro corsa, altri mi vengono incontro e mi abbracciano… C’è Filippo: le maestre non riuscivano più a tenerlo in classe, scappava, le hanno provate tutte; c’è Giorgia che da tre anni è in Italia, è stata adottata, a casa sua parla, a scuola no, pareva “muta” poi, proprio durante un incontro di Biodanza, ha detto il suo nome e ha iniziato a dire cosa le piaceva riempiendo i miei occhi di lacrime di commozione; c’è Sara che rifiutava ogni gesto di affetto della mamma ed ora dopo un anno si lascia accarezzare i capelli e abbracciare; c’è Gianni che vive in una comunità per minori e soffre di non essere più con la sua famiglia, per quanto problematica fosse; c’è Alissa: ha vissuto una storia di abusi, ma ora non leggo più spavento nei suoi grandi occhi neri, si lascia avvicinare e l’ultima volta mi ha chiesto di fare “la pioggia che scivola” sulla sua schiena; c’è Laura, che è africana e ci ha raccontato come si fa il pane nel suo Paese… Potrei andare avanti a lungo, perché sono tanti i bambini che ho incontrato in questi anni nei percorsi di Biodanza, li ho accompagnati per un po’ di tempo, poi sono andati per la loro strada e a me è rimasta la ricchezza di essere cresciuta con loro.

Traumi e carenze affettive

Chi vive con i bambini e gli adolescenti ed è padre, madre, insegnante, Psicologo, Educatore, Infermiere, Terapista, sa quanto a volte è difficile scegliere come agire, specie quando manifestano comportamenti provocatori, oppositivi, aggressivi, depressivi, di chiusura e isolamento. Ma se andiamo oltre questi comportamenti manifesti e ci interroghiamo sulle cause del disagio che questi bambini e adolescenti vivono, ci accorgiamo che provano un dolore profondo perché spesso l’ambiente non riesce a dare risposta ai loro bisogni fondamentali. Sono bambini che non sono stati accolti, ascoltati, abbracciati, amati abbastanza. Questo a volte avviene quando vivono con adulti che a loro volta non hanno sanato traumi o carenze affettive, che sono stati bambini non amati; oppure quando i loro genitori vivono situazioni di disagio o di lutto e non riescono a fare un percorso di consapevolezza e a capire anche i bisogni dei figli. Così, nelle storie dei bambini che incontro vi sono stati eventi che hanno spezzato la fiducia nell’amore dell’adulto, il bisogno profondo di crescere in armonia e unità con le figure di attaccamento e con l’ambiente di appartenenza. Il bambino che non crede più nell’adulto, non crede più neanche in se stesso, nelle sue potenzialità e capacità, nella possibilità di vivere felice.

Il nutrimento che sana le ferite

Riscoprire la “Vitamina A”, la dimensione dell’affettività, vuol dire favorirli in una crescita serena, far provare loro la gioia di esistere, sperimentarsi ed esprimere se stessi e le proprie potenzialità. Attraverso i “gesti di cura affettivi” e il “buon contatto”, nei percorsi che integrano il Sistema Biodanza di Rolando Toro e l’Educazione al contatto, è possibile sanare ferite, far sperimentare a bambini e adolescenti l’esperienza di essere contenuti e protetti, rispettati nei loro ritmi di crescita, ascoltati e amati perché possano essere un domani donne e uomini capaci di amare.


 

Educare al contatto

La Biodanza (da “bios”= vita, significa “Danza della Vita”), ideata dallo Psicologo e Antropologo cileno Rolando Toro (1924-2010), è un sistema che integra e sviluppa le potenzialità e le funzioni rivolte alla salute e al benessere psicofisico.
Al centro di tutto vi è l’affettività, il contatto, fondamentali per la crescita di un bambino. La Biodanza oggi è praticata in tutto il mondo e viene proposta sia con finalità educative che terapeutiche (ad anziani, disabili, malati di Parkinson, di Alzheimer, persone con disagio mentale, ragazze che soffrono di Anoressia o Bulimia, ai detenuti, a donne operate di Tumore al seno).
L’Educazione al contatto, ideata da Sandra Salmaso, ha avuto origine dal Modello teorico del Sistema Biodanza ed è una metodologia che si propone di educare e riabilitare attraverso il contatto affettivo, con l’intento di integrare l’identità, sviluppare empatia e reciprocità.
La coscienza che un amorevole contatto fisico più rispettoso e sensibile, il “buon contatto”, sia di importanza vitale per crescere, è fondamentale per creare una società empatica, più umana e sostenibile, meno difensiva e violenta.
Diversi studi accademici hanno messo in luce come la Biodanza e l’Educazione al Contatto, dal punto di vista fisiologico, agiscano sul sistema psico-neuro-endocrinoimmunologico (Pnei), andando a ripristinare l’equilibrio dei meccanismi di autoregolazione e fortificando il sistema immunitario.

Metodologia

Questa attività si svolge in gruppo, integrando musica, movimento ed espressione delle emozioni. Vengono proposti una sequenza di esercizi da soli, a due, in gruppo, giochi di vitalità e danze ritmiche su basi musicali appropriate, che favoriscono l’integrazione motoria e migliorano la capacità di concentrarsi, seguiti da danze rallentate per sciogliere le tensioni muscolari e favorire lo sviluppo dell’espressione dell’affettività. Gli esercizi vengono adattati in base ai bambini/ adolescenti, agli obiettivi scelti per il singolo e per il gruppo, alle tematiche che si vogliono sviluppare (ad esempio l’amicizia o l’ascolto dell’altro) e possono essere inseriti in un contesto simbolico (prendendo esempio dagli elementi della natura, dagli animali, dai colori, dai 5 sensi). Si realizza così un percorso di accompagnamento alla crescita, favorendo lo sviluppo delle potenzialità vitali, affettive, espressive ed educando al rispetto di tutto ciò che è vita e dell’ambiente in cui viviamo.
Viene con successo applicata ai bambini e giovani nelle diverse fasce d’età, dall’asilo nido all’università, oltre che in alcune scuole pubbliche e private in Italia e all’estero.

Quali obiettivi

Tra gli obiettivi della Biodanza e dell’Educazione al contatto c’è quello di sviluppare nel bambino e adolescente l’espressione di sé e delle proprie potenzialità creative, vitali, affettive. Attraverso l’utilizzo dell’esplorazione e del movimento corporeo, si possono educare i bambini alle emozioni, permettendo loro di sperimentare nuovi modi di sentire e di essere.
Qualora il bambino o l’adolescente avesse vissuto carenze o traumi, è possibile rieducarlo ad una relazione affettiva e al contatto rispettoso e sensibile, ricreando la fiducia nella vita e nell’altro.
Tutto questo facilita l’educazione alla socialità, la comunicazione interpersonale e l’integrazione, il rispetto per l’altro e per l’ambiente nella loro diversità.


 

Benefici

I benefici ottenuti con questo metodo e osservati in questi anni, che proverò ad elencare, sono molteplici:

  • sviluppa la percezione uditiva, l’attenzione e la capacità di ascoltare gli altri;
  • favorisce l’espressione dell’identità e lo sviluppo dell’autostima;
  • sviluppa l’intelligenza affettiva e la capacità di comunicare con linguaggi non verbali (sguardo, feedback, contatto sensibile);
  • sviluppa la capacità di adattare il proprio movimento a diversi ritmi (attraverso i giochi a due e in gruppo), favorisce la coordinazione ritmico-motoria e l’empatia;
  • insegna ad ascoltare se stessi, le proprie sensazioni ed emozioni e sviluppa la capacità di esprimere sentimenti con naturalezza, offrendo la possibilità al bambino di esprimersi attraverso il gioco e il movimento;
  • stimola l’interazione con i coetanei, offrendo la possibilità di creare sani legami affettivi;
  • promuove la cooperazione, la solidarietà e il senso di appartenenza a un gruppo;
  • favorisce lo sviluppo dell’espressione creativa tramite materiali quali colori, pittura, argilla;
  • migliora le capacità di apprendimento;
  • favorisce l’identificazione ed espressione delle emozioni piacevoli (gioia di vivere, tenerezza, allegria), facilitando la trasformazione dei vissuti di aggressività, paura, rabbia;
  • facilita l’autoregolazione e il riconoscimento dei propri bisogni, rispettando quelli altrui; contiene problematiche di iperattività e facilita l’autocontrollo;
  • permette di sanare ferite dovute a carenze affettive: la pelle, come il sistema nervoso, hanno origine da una parte dell’embrione chiamata “ectoderma”; si può quindi affermare che la pelle sia il contenitore “psichico” della nostra identità; toccando la pelle dunque andiamo ad influire sull’autostima, sulla percezione di valore e sul comportamento del bambino.

Qualche idea pratica

Durante la Biodanza e l’Educazione al Contatto si propongono esercizi/ danze/giochi che permettono di sciogliere nei bambini, gradualmente e in modo rispettoso, difese e rigidità, per costruire relazioni affettive e di fiducia. Ci sono “giochi” che, poi, chiedono di ripetere anche a casa coi loro genitori, come la “camminata degli animali”, nel quale il genitore sulla schiena del bambino “fa sentire” come cammina un elefante, un ragno, un coniglietto... e il bambino prova a indovinarla. Oppure il “disegno”, nel quale si traccia delicatamente la forma di un sole, di un albero o di un oggetto sulla schiena dei bambini o si tracciano col polpastrello semplici parole che loro devono indovinare. Ho sperimentato come i bambini con poca capacità di ascolto e autocontrollo siano capaci di fermarsi, “sentire” con la pelle.
Questa metodologia dà la possibilità di imparare a riconoscere i propri bisogni e desideri, ad esprimerli e a farsi rispettare dagli altri. Rinforzando la stima di sé i bambini riescono a mettere limiti, proteggersi e anche rifiutare il “contatto” quando non è un “buon contatto”, non permettendo di farsi “invadere” dall’altro.
Noi siamo lì per cercare di accoglierli, comprenderli, utilizzare queste esperienze per aiutarli a riconciliarsi con la vita, a cicatrizzare le ferite per quanto possibile. Per l’adulto o l’educatore, è essenziale essere “dalla parte” del bambino sempre, credere veramente che possa tirar fuori le sue potenzialità. Insegnare ad ascoltare vuol dire prima di tutto imparare ad ascoltarli, rispettare i loro tempi di “avvicinamento” e saper attendere. 

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