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Piede, dall’Artrosi al piede piatto

Autore: Prof. Sandro Giannini

I piedi sono il nostro punto di contatto con la terra e lo strumento naturale e principale per il nostro movimento, è quindi importante curarli nel modo corretto

Il piede ha una struttura anatomica complessa meravigliosamente finalizzata a svolgere l’importante funzione di supporto per tutto il corpo umano e il fondamentale ruolo nel meccanismo di locomozione. Tuttavia, non sempre tutto va per il verso giusto, molte sono infatti le problematiche che possono affliggere il piede e la caviglia.
Fra i più frequenti “incidenti di percorso” rientrano le Lesioni riguardanti la cartilagine articolare della caviglia (osteocondriali), l’Artrosi alla caviglia, l’Alluce valgo, le Deformità delle dita e, nel bambino, il Piede piatto. In ognuno dei distretti interessati, le possibilità di trattamento variano spesso in relazione all’età del Paziente e alle caratteristiche della malattia.
La Chirurgia di piede e caviglia, che in specifici casi può essere d’aiuto, è una realtà in continua evoluzione, alla costante ricerca di migliori risultati funzionali e ridotta invasività chirurgica. Le più recenti conquiste della Ricerca nel campo della diagnostica, dei biomateriali, della Cinematica articolare e dell’Ingegneria tissutale hanno permesso il raggiungimento di importanti traguardi nella diagnosi e nel trattamento di numerose malattie.

Lesioni alla caviglia

Le Lesioni osteocondriali della caviglia interessano lo strato cartilagineo e l’osso immediatamente sottostante sub-condrale). La causa della patologia è spesso di natura traumatica, correlata ad un singolo evento o a microtraumi ripetuti. La caviglia può mostrare dolore, gonfiore e limitazione nel movimento. Talvolta il disturbo si associa ad una sensazione di instabilità articolare che aggrava ulteriormente la condizione.
Per giungere ad una corretta diagnosi è necessaria una visita ortopedica specialistica ed una indagine strumentale mediante Risonanza Magnetica o Tomografia Computerizzata che consentono una valutazione dettagliata della lesione e permettono di impostare al meglio il piano terapeutico.
Il trattamento conservativo è basato sull’assunzione di farmaci antinfiammatori, sulla terapia fisica (magnetoterapia, tecar-terapia) e infiltrativa (cortisonici o acido ialuronico). In caso di persistenza della sintomatologia dolorosa e della limitazione funzionale, è necessario ricorrere all’intervento chirurgico. Grazie alle più recenti tecniche rigenerative e mininvasive eseguite in Artroscopia è possibile sfruttare le proprietà delle cellule staminali mesenchimali, che vengono prelevate dall’osso iliaco dello stesso Paziente ed impiantate nel sito della lesione. Le cellule staminali mesenchimali hanno mostrato una buona capacità di rigenerazione del tessuto cartilagineo ed osseo, con una risoluzione pressoché completa del difetto condrale (che riguarda la cartilagine) e una soddisfacente integrazione del tessuto rigenerato nel tempo.

Artrosi alla caviglia

È una malattia degenerativa caratterizzata da una progressiva perdita del tessuto cartilagineo che riveste le superfici articolari, fino all’esposizione del tessuto osseo sottostante. L’Artrosi alla caviglia è generalmente secondaria ad eventi traumatici come fratture, distorsioni o traumi legamentosi ripetuti.
La patologia si manifesta con dolore articolare, difficoltà alla deambulazione, rigidità, tumefazione, gonfiore e arrossamento, fino ad instabilità, crepitii e deformità articolari.
La diagnosi di Artrosi viene effettuata attraverso radiografie della caviglia che permettono di evidenziare la caratteristica riduzione della rima articolare (lo spazio tra le due estremità dell’articolazione), la presenza di eventuali osteofiti (cioè escrescenze di tessuto osseo) e deformità associate. Il trattamento conservativo è anche in questo caso basato sull’assunzione di farmaci antinfiammatori, sulla terapia fisica ed infiltrativa. Molto spesso, per rallentare il processo degenerativo o semplicemente risolvere la sintomatologia, è necessario un trattamento chirurgico. Nelle forme intermedie possono essere rimossi gli osteofiti causa di limitazione funzionale e dolore; in presenza di deformità articolari post traumatiche con iniziale Artrosi la chirurgia può avvalersi di piccole fratture correttive dell’osso (Osteotomie) che consentono di ripristinare il corretto allineamento dell’articolazione.

Nei casi più compromessi

Nelle fasi più avanzate, con grave compromissione della cartilagine e importanti limitazioni funzionali associate, il trattamento può prevedere la fusione dell’articolazione (Artrodesi) o la sostituzione protesica. Il tipo di intervento viene scelto in relazione all’età del Paziente, alle sue richieste funzionali e alle caratteristiche della patologia. La fusione chirurgica dell’articolazione compromessa ha rappresentato per anni l’unico trattamento in grado di risolvere le gravi forme artrosiche della caviglia ed è ancor oggi pratica affidabile ed eseguita in casi selezionati. Nonostante i buoni risultati, anche nel lungo periodo, l’intervento di Artrodesi non è comunque privo di possibili complicanze ed il blocco articolare che ne consegue è spesso poco accettato dal Paziente.
Il grande impulso della ricerca negli studi di biomeccanica articolare della caviglia, insieme all’evoluzione dei biomateriali, ha permesso negli ultimi anni un notevole progresso dei disegni protesici, con migliori risultati funzionali e buona sopravvivenza degli impianti nel tempo. L’inevitabile deterioramento delle componenti protesiche nel tempo tuttavia, specialmente nei Pazienti giovani e attivi, rappresenta ancora un problema e spesso un limite all’indicazione. Per queste ragioni la Ricerca si è orientata verso soluzioni sostitutive di tipo biologico. In Pazienti giovani e selezionati affetti da grave degenerazione artrosica oggi è possibile sostituire chirurgicamente la caviglia danneggiata con quella sana di un donatore.


 

Piede piatto nel bambino

Il Piede piatto è la principale patologia ortopedica riscontrata nei Pazienti pediatrici. Da un punto di vista morfologico un Piede piatto è caratterizzato da una riduzione della volta plantare e da un atteggiamento del tallone che tende a portarsi verso l’esterno (Valgismo del retropiede). Più che la morfologia tuttavia conta la alterata funzionalità che può essere rilevata con una visita e mediante prove funzionali e strumentali (radiografie e analisi del cammino). Tale condizione può portare ad una sensazione di facile affaticamento durante le normali attività, più o meno associata alla presenza di dolore.
Il trattamento del Piede piatto varia in relazione all’età. Fino agli 8 anni circa l’approccio è di tipo conservativo e prevede l’utilizzo di plantari che mantengano il piede in correzione e l’eventuale esecuzione di esercizi di stretching e rinforzo muscolare. Nel caso di Piedi piatti sintomatici in Pazienti di età superiore agli 8 anni è consigliato l’intervento chirurgico di Artrorisi dell’articolazione sotto-astragalica; questo intervento prevede l’introduzione di una piccola vite tra astragalo e calcagno allo scopo di ristabilire i rapporti articolari e ripristinare la corretta morfologia del piede. L’evoluzione della Ricerca da diversi anni ha permesso di creare viti in materiale riassorbibile che si degradano progressivamente nel tempo e che presentano il grande vantaggio di non richiedere un secondo intervento chirurgico di rimozione a distanza.

Alluce valgo

Si tratta di una deformità del piede caratterizzata da una deviazione laterale dell’alluce e da una sporgenza dell’osso del primo metatarsale verso l’interno che determina la tipica protuberanza dolorosa. La sintomatologia varia in relazione alla deformità: può manifestarsi con dolore durante la deambulazione per una infiammazione (borsite) dei tessuti cutanei a livello della sporgenza ossea in conflitto con la calzatura o con dolore plantare; in alcuni casi il dolore può estendersi alle altre dita, che possono a loro volta deformarsi. La diagnosi di Alluce valgo è solitamente clinica e si avvale di radiografie dell’avampiede per meglio approfondire la qualità dell’articolazione coinvolta.
Ai primi sintomi vengono consigliate calzature a pianta larga, in materiale morbido e senza tacco eccessivo. I farmaci antinfiammatori, le manipolazioni, le terapie fisiche locali, l’impiego di plantari permettono di alleviare dolori metatarsali associati.

Quando ricorrere alla Chirurgia

In caso di permanenza della sintomatologia o a fronte di deformità importanti si rende necessario il trattamento chirurgico che prevede l’esecuzione di Osteotomie (piccole fratture dell’osso) che permettono di riposizionare il dito nella posizione corretta. Alcune di queste procedure sono realmente mininvasive in quanto, mediante piccoli fori sulla pelle o mini-incisioni permettono di correggere tutti i parametri alterati dell’Alluce valgo con una semplice Osteotomia ed un punto di sutura (tra queste la tecnica S.E.R.I. - Simple, Effective, Rapid, Inexpensive). Una volta ottenuta la correzione, questa viene stabilizzata con un sottile filo metallico che viene poi rimosso in ambulatorio un mese dopo l’intervento. Più di recente sono state descritte e pubblicizzate tecniche percutanee così dette “mini-invasive” che utilizzano piccole frese motorizzate per effettuare più fratture che non sono però in grado di correggere l’anatomia patologica della deformità. Queste tecniche inoltre non dispongono di un numero sufficiente di risultati scientifici che ne comprovino l’efficacia.

Deformità delle dita

Di frequente un Alluce valgo non trattato può associarsi a Deformità delle dita, che si presentano a martello o ad artiglio, e che possono essere presenti anche in altre condizioni patologiche, come piede cavo, malattie reumatiche e neuro-muscolari. Nelle fasi iniziali la Deformità del dito a martello può trovare beneficio dall’utilizzo di piccoli tutori che evitano lo sfregamento del dito interessato contro la calzatura. Con il passare del tempo la Deformità tende a strutturarsi e diventa sempre più rigida; si rende necessario quindi l’intervento chirurgico che varia a seconda della gravità. 

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