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Artrite, le terapie più efficaci

Autore: Dott.ssa Lorenza BellettiDott. Andrea GiorginiDott. Raffaele MugnaiProf. Fabio Catani

Le nuove tecniche mininvasive unite all’utilizzo dei nuovi farmaci biologici consentono oggi di fornire una terapia più efficace per questa malattia

Le principali forme di Artrite Infiammatoria Cronica (Reumatoide e Psoriasica) vengono considerate ormai da tempo come malattie fortemente invalidanti, con forti ripercussioni negative sia in termini di qualità di vita dei Pazienti sia in termini di costi sociali. È oramai un dato consolidato che il processo infiammatorio ed il conseguente danno articolare si sviluppino principalmente nei primi due anni della patologia.
Con queste premesse è ormai divenuto importante un approccio terapeutico sempre più precoce e deciso con l’obiettivo di migliorare la probabilità di successo e la prognosi a lungo termine. 

Il danno articolare

La formazione del cosiddetto “panno sinoviale” (uno strato anormale di cellule che si depositano sulla cartilagine che ricopre le articolazioni) nell’ambito delle Artriti Infiammatorie Croniche, rappresenta la causa principale dello sviluppo e dell’automantenimento dell’infiammazione. Il processo appena descritto, Sinovite cronica, oltre ad essere il principale responsabile dei classici segni dell’infiammazione acuta, quali dolore, tumefazione e limitazione funzionale a carico dell’articolazione colpita, risulta soprattutto il principale responsabile del danno articolare, che si manifesta precocemente ed in fase iniziale a livello del tessuto della cartilagine articolare, per poi estendersi a tutte le altre componenti articolari fino a coinvolgere anche l’osso posto al di sotto della cartilagine.
La cartilagine articolare è il tessuto più esposto ed il meno resistente all’azione delle cosiddette “citochine proinfiammatorie” (mediatori dell’infiammazione) e non ultimo degli enzimi prodotti in grande quantità dalle cellule del panno sinoviale. Lo squilibrio metabolico che si verifica a livello delle cellule cartilaginee è responsabile infatti del deterioramento progressivo della superficie della cartilagine stessa che si manifesta con una graduale riduzione del suo spessore, seguita poi da fissurazioni ed infine da veri e propri difetti con esposizione dell’osso sottostante. È interessante sottolineare come spesso il dolore non sia correlato con il grado del danno della cartilagine e come, altrettanto di frequente, la visione diretta artroscopica dell’articolazione metta in evidenza lesioni insospettabili anche a fronte di indagini strumentali preoperatorie sofisticate come la Risonanza Magnetica Nucleare.


 

I vantaggi dell’artroscopia

La procedura di rimozione della strato anomalo di cellule, sia essa effettuata con tecnica chirurgica tradizionale, peraltro raramente utilizzata ai nostri giorni per la sua alta invasività, artroscopica (senza aprire le articolazioni) o tramite mezzi chimici o fisici è stata ed è tuttora utilizzata come terapia locale nelle Sinoviti refrattarie in corso di Artriti Infiammatorie Croniche. Con il perfezionamento dello strumentario e della tecnica chirurgica, la modalità artroscopica ha raggiunto un ruolo preponderante rispetto alla tecnica tradizionale, questo anche in virtù della minore invasività. Nel caso specifico va inoltre tenuto in grande considerazione il limitato rischio infettivo della procedura, trattandosi di Pazienti generalmente immunodepressi, senza dimenticare poi l’importanza dei minori tempi di recupero  e il non trascurabile fatto di poter visualizzare ed aggredire sedi articolari non raggiungibili con la tecnica tradizionale.
La modalità artroscopica ha inoltre dimostrato effetti benefici sul breve e lungo periodo in termini di riduzione di dolore, tumefazione e di riduzione dell’infiammazione acuta e cronica.
L’artroscopia, a differenza delle altre tecniche sopra menzionate, permette inoltre, in maniera mini invasiva, il prelievo dei villi sinoviali, dando la possibilità, alla vista di un occhio esperto, già durante la procedura, di valutare il tipo, la durata e l’intensità della Sinovite solamente tramite l’osservazione dalla forma dei villi. Inoltre, dato ancora più importante, offre la possibilità di poter eseguire prelievi multipli e mirati sui quali si potranno realizzare successivi esami. Risulta altresì dimostrato come l’efficacia della procedura in termini di risparmio articolare dia risultati nettamente migliori quando questa sia effettuata nelle fasi precoci della malattia; malgrado ciò allo stato dell’arte non si è riusciti ancora a dimostrare e, comunque resta controverso se l’atto eseguito molto precocemente possa effettivamente procurare un rallentamento della progressione radiologica sul lungo periodo (superiore a 4 anni). Questo forse perché nella pratica clinica si tende a rivolgersi alla terapia cruenta in tempi normalmente molto superiori a quelli della finestra delle opportunità quando la malattia o trattamenti locali (infiltrazioni con farmaci steroidei) abbiano già alterato ampiamente l’equilibrio articolare e d’altra parte la terapia farmacologica sistemica sia riuscita a controllare in maniera parziale una o più sedi articolari anche in presenza di un buon controllo sistemico della malattia.

La terapia con farmaci biologici

Non vi sono ormai dubbi a proposito dell’efficacia di un intervento precoce di tipo farmacologico con farmaci inibitori del TNF α (una molecola, prodotta dal nostro organismo, che ha un ruolo chiave nelle infiammazioni) ed in maggior misura quando questi siano associati a farmaci DMARDs (farmaci antireumatici che modificano la malattia), i quali hanno dimostrato ampiamente i loro effetti positivi in termini sia di controllo dei sintomi che, soprattutto, in termini di rallentamento della progressione del danno radiologico. Malgrado ciò la pratica clinica ci insegna come spesso Pazienti in trattamento con una corretta terapia farmacologica, la quale è e deve rimanere di prioritaria e fondamentale importanza, abbiano comunque una o più sedi articolari persistentemente attive, necessitando pertanto di un passaggio ad altre associazioni farmacologiche. Pertanto il futuro dell’intervento di rimozione artroscopica della membrana sinoviale potrebbe essere il trattamento di una o al massimo due sedi articolari persistentemente attive nonostante la terapia sistemica farmacologica.

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