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Alzheimer, dalle cause alla terapia

Autore: Dott. Giuseppe CarluccioDott.ssa Maria Grazia SerraDott.ssa Maria Antonietta Bleve

La malattia colpisce principalmente la memoria e le altre funzioni cognitive, come il parlare e il pensare, alterando le normali attività della persona

Sono quasi 30 milioni le persone nel mondo costrette a fare i conti con il Morbo di Alzheimer, e si stima che entro il 2050 una persona su 85 potrebbe esserne affetta.
Con risvolti psicologici e sociali estremamente complessi, questa patologia colpisce principalmente la memoria e le altre funzioni cognitive, come il parlare e il pensare, alterando le normali attività della persona, provocando cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.
Il processo della malattia è generalmente abbastanza graduale: i sintomi appaiono lentamente ma peggiorano progressivamente e irreversibilmente. Le conseguenze di carattere sociale sono notevoli, a causa delle risorse che inevitabilmente mobilita, emotive, organizzative ed economiche, che ricadono sui famigliari dei malati.

Le cause

Tra i fattori predisponenti lo sviluppo della malattia bisogna annoverare sicuramente l’età, la sua incidenza è infatti molto rara al di sotto dei 65 anni e la sua frequenza aumenta con  l’aumentare dell’età. A tal proposito è però importante sottolineare che, anche se col passare degli anni le persone tendono a perdere la memoria, non sempre questo sintomo è indice di Demenza di Alzheimer ma, molto spesso, la causa di questo deficit è un processo arteriosclerotico cerebrale (Demenza Vascolare da calcificazione e ostruzione delle arterie cerebrali).
Alcuni studi assumono tra le cause di tale malattia anche una possibile condizione genetica: esiste infatti un gene che è stato associato più frequentemente alla Malattia. È doveroso segnalare che la presenza di questo gene non significa assolutamente che un soggetto sia destinato ad ammalarsi di Alzheimer, esiste un rischio teorico maggiore ma è pur vero che esistono persone portatrici di questo gene che non si sono mai ammalate e che vi sono soggetti non portatori di tale gene che, al contrario, hanno sviluppato la malattia. Il processo degenerativo che conduce alla Malattia di Alzheimer si verifica quando nel cervello i neuroni iniziano a produrre al loro interno una proteina in eccesso, detta betaamiloide, la quale, accumulandosi, forma tipiche placche e i cosiddetti “grovigli neuro fibrillari”. Tali modifiche strutturali all’interno del neurone lo portano prima a mal funzionare e poi a morire.

I sintomi

Tra i sintomi più frequenti che caratterizzano il quadro clinico si osserva:

  • incapacità di ricordare eventi recenti (amnesia anterograda), mentre viene mantenuto relativamente un buon ricordo delle vicende passate;
  • incapacità di compiere azioni comuni (aprassia), come ad esempio vestirsi, farsi la barba, cucinare e altro ancora;
  • incapacità di riconoscere cose prima note (agnosia);
  • incapacità a nominare un oggetto, pur riconoscendolo (anomia);
  • disorientamento spazio-temporale: l’individuo malato di Alzheimer non è più in grado di rispondere correttamente a domande del tipo “che giorno è oggi?” o “in che stagione siamo?”, “dove ci troviamo ora?”;
  • perdita delle capacità di compiere semplici operazioni matematiche (acalculia);
  • difficoltà di scrittura (agrafia);
  • deficit intellettivi: peggioramento delle capacità di ragionamento, giudizio e pianificazione; • cambiamenti nel tono dell’umore (per es. depressione). 

 

Un test per valutare il deficit

Non esiste un test specifico che individui tale condizione, in realtà si utilizzano una serie di indagini che ci permettono di stabilire con una probabilità più o meno elevata che si tratti di Alzheimer; un ruolo fondamentale nell’orientamento diagnostico è svolto proprio dal colloquio tra Medico e Paziente in cui il soggetto viene sottoposto ad una cosiddetta visita neuropsicologica, con la quale vengono valutati eventuali problemi di memoria, linguaggio, attenzione. In tale contesto spesso viene impiegato un esame chiamato “Mini-Mental State Examination” (MMSE), che consiste nel sottoporre la persona a domande semplici del tipo: “Che giorno è oggi? In che città ci troviamo? Come si chiama questo oggetto?” (mostrando ad esempio un orologio) e nel fargli eseguire una serie di operazioni in base ad istruzioni semplici (scrivere una frase, disegnare una forma, ecc.). Il punteggio finale ottenuto permette al Medico di stabilire se vi è o meno un deficit delle funzioni intellettive e il grado di tale deficit.   

Esami di laboratorio

Un ruolo diagnostico è svolto anche da alcuni esami di laboratorio (su sangue e urine) che devono essere eseguiti esplicitamente nell’ottica di escludere l’esistenza di altre malattie, con caratteristiche simili, che possano mimare la Malattia di Alzheimer stessa.
Oggi si hanno inoltre a disposizione diversi strumenti per osservare l’encefalo, che permettono di fornire immagini del cervello in vivo, rivelando eventuali differenze tra il cervello delle persone sane e quello delle persone affette da Alzheimer, pur non garantendo una diagnosi certa di Alzheimer. Tali strumenti sono:

  • Risonanza Magnetica: questo esame consente di ottenere un’immagine della struttura del cervello molto particolareggiata; sovrapponendo un’immagine ad un’altra eseguita ad alcuni mesi di distanza, è possibile riscontrare i cambiamenti di una determinata parte del cervello;
  • TAC (Tomografia Assiale Computerizzata): questo esame misura lo spessore di determinate aree cerebrali, che rapidamente si assottigliano nei Pazienti affetti da Alzheimer;
  • SPECT (Tomografia Computerizzata ad Emissione di Fotone singolo): può essere eseguita per misurare il flusso del sangue nel cervello; si è riscontrato che tale flusso è ridotto nei malati di Alzheimer, per effetto di una diminuita attività delle cellule nervose;
  • PET (Tomografia a Emissione di Positroni): l’uso di questa tecnica è limitato ai centri di ricerca; può evidenziare cambiamenti nel funzionamento del cervello del malato di Alzheimer; ad esempio un utilizzo anormale del glucosio da parte del cervello. 

Terapia e consigli

Il Morbo di Alzheimer rientra purtroppo tra le patologie neurodegenerative per le quali non si conosce una cura farmacologica risolutiva: i farmaci utilizzati in terapia possono comunque alleggerire i sintomi o prolungare i tempi dell’evoluzione della Sindrome. Prima o contemporaneamente alla somministrazione di farmaci volti ad alleggerire i sintomi è indispensabile mettere in atto alcune semplici strategie per migliorare la qualità di vita del Paziente, come ad esempio togliere gli specchi: i malati di Alzheimer, guardando la loro immagine riflessa allo specchio, tendono a spaventarsi ed agitarsi; tenere in ordine la casa, togliendo possibilmente l’arredamento inutile, che potrebbe creare confusione al malato d’Alzheimer; adattare le condizioni di vita alle esigenze del malato; stimolare il Paziente malato di Alzheimer ad un esercizio fisico costante, importantissimo per il benessere della persona e per allontanare lo stress; fare attenzione al pasto del malato di Alzheimer: questi tende infatti a dimenticare di nutrirsi, perché non trova interesse nel cibo.
I malati di Alzheimer, inoltre, dovrebbero bere molta acqua, non bere caffeina, non assumere sostanze eccitanti perché sono già tendenzialmente irrequieti.
Oltre alla somministrazione di farmaci per alleggerire i sintomi, si raccomanda di integrare la terapia con interventi psicologici/psichiatrici e comportamentali. I farmaci che si utilizzano nella terapia appartengono a varie classi che possiamo così sintetizzare:

  • inibitori dell’acetilcolinesterasi: questi farmaci sono indicati per alleggerire i sintomi e per cercare di influenzare il naturale decorso della malattia: tali farmaci favoriscono la trasmissione chimica tra cellula e cellula, indebolita dal Morbo di Alzheimer; purtroppo non sono privi di effetti collaterali, questi farmaci possono provocare bradicardia, diarrea, nausea e vomito;
  • farmaci che agiscono sul sistema glutammatergico: indicati per rallentare il deterioramento cognitivo nei Pazienti malati di morbo di Alzheimer.
  • vitamine antiossidanti: l’approccio farmacologico con vitamine antiossidanti come la vitamina E è innovativo, malgrado la sua efficacia non sia un fattore comune a tutti i Pazienti malati di Alzheimer che ne hanno sperimentato l’utilizzo; la vitamina E (nota come alfa-tocoferolo) è idealmente in grado di contrastare la perossidazione lipidica a livello delle membrane dei neuroni;
  • farmaci innovativi, i farmaci cosiddetti “stimolanti della cognizione” aumentando il rilascio di acido glutammico, possono idealmente favorire i complessi meccanismi di memorizzazione e di comprensione, contribuendo pertanto a migliorare e a stimolare l’attività cerebrale, danneggiata dal Morbo di Alzheimer; tuttavia anche questi farmaci non sembrano essere completamente accettati dalla Comunità Scientifica: la loro efficacia terapeutica è controversa.