Autore: Dott. Gianfranco PorcileDott.ssa Melissa Frulloni

 

La pandemia silenziosa

Un impiego più diffuso e capillare del “principio di precauzione” si impone allo scopo di prevenire quelle malattie neoplastiche, cardiocircolatorie, respiratorie, dismetaboliche, endocrine e neurologiche che sono sostenute dal bombardamento chimico cui siamo sottoposti: a questo fenomeno si addice ladefinizione di “pandemia silenziosa”, la cui entità impone la riflessione sul fatto che la separazione tra ambiente e sanità al giorno d’oggi non ha più ragione di esistere: un’efficace prevenzione primaria rappresenta infatti il più valido determinante di salute e, di conseguenza, anche una sicura forma di risparmio economico. Oggi un Medico non può essere soltanto un operatore terapeutico volto a curare malanni già instaurati, ma deve piuttosto, proprio in forza della sua esperienza clinica, impegnarsi anche sul fronte della prevenzione primaria e della diagnosi precoce.

Importanza dei dati scientifici oggettivi

L’epidemiologia rappresenta oggi la scienza in grado di identificare con criteri basati sull’evidenza i fattori di rischio di malattia, fornendo ai responsabili della salute e ai decisori politici i dati scientifici inoppugnabili per scelte politico-amministrative e provvedimenti organizzativi volti ad una efficace azione preventiva. Purtroppo dobbiamo anche far notare come spesso questi dati non vengano impiegati con la dovuta sollecitudine per fare prevenzione e per assumere le decisioni conseguenti atte a ripristinare la salubrità ambientale e la salute compromessa delle popolazioni esposte. A questo punto potrebbe essere interessante analizzare quale possa essere la posizione del Medico di fronte al cosiddetto “movimento della decrescita”: quest’ultimo rappresenta un problema importante, perché vuol dire prendere in considerazione dati scientifici pubblicati in letteratura, ma soprattutto addentrarsi nel campo delle problematiche sociali e ambientali e delle relative implicazioni etiche e deontologiche. Se oggi la cosiddetta crisi è sociale, ieri era economica e, ancor prima, è stata finanziaria. È da questa crisi che è scaturito un meccanismo che stravolge le nostre esistenze, facendo implodere un malinteso concetto di progresso. Spostando sempre l’attenzione sui problemi economici e finanziari, si cerca di distrarre i cittadini da due ordini di problemi tipici della nostra attuale società: non sappiamo distinguere quello che è importante da ciò che non lo è (salute, ambiente, famiglia e lavoro sono valori ben più preziosi di denaro, successo, carriera, divertimenti, sesso e così via); siamo passati dalla “società dei diritti” (diritto alla salute, alla sessualità, al paesaggio, alle libertà civili, ecc.) alla “società dei bisogni”: bisogni reali e, accanto, bisogni indotti dalla propaganda e dalla pubblicità martellante su tutti i mass-media.
E dal momento che la soddisfazione di un bisogno significa il pagamento di tariffe, tasse, ticket e così via, ne risulta che anche per le necessità primarie, come salute, scuola, trasporti, il cittadino è sempre più chiamato a pagare. 

Un malinteso senso del progresso

Analizzando il cosiddetto “progresso” dal punto di vista della sanità e delle sue conseguenze sulla salute, ci rendiamo conto che le “parole d’ordine” di questo tipo di sviluppo sono più vicine al “ben-avere” (sempre più prestazioni, sempre più farmaci, sempre più consumismo sanitario) che al vero “ben-essere”. Una visione meramente economica del nostro cosiddetto progresso ci ha fatto trascurare le conseguenze ambientali delle nostre scelte e ci ha regalato pesanti sequele patologiche a carico degli esseri viventi, umani e non; dobbiamo quindi immaginare un modello socio-economico diverso da quello attuale: un cambiamento radicale si impone come necessità assoluta per evitare una drammatica, inevitabile catastrofe. L’aumento esponenziale dei costi sanitari in Medicina e in alcune branche specialistiche (in particolare Oncologia, Reumatologia, Immunologia clinica, Epatologia) impone un’etica della responsabilità che incentivi ciascun operatore a perseguire gli stessi obiettivi e gli stessi risultati con il minor impiego di risorse possibile. Sembra difficile, ed effettivamente lo è, ma non è impossibile. Aspetti organizzativi, clinici e normativi possono condurre ad un risparmio economico, o comunque ad un arresto dell’aumento dei costi: condivisione del rischio, deospedalizzazione, terapie orali, “drug-day-therapy” (strategia di somministrare lo stesso farmaco nello stesso giorno settimanale a tutti i Pazienti interessati), FAD (formazione a distanza), Telemedicina... Ancora più importante è la sostenibilità ambientale: i Medici e tutti gli operatori debbono porsi il problema dell’impronta ecologica legata alla loro professione e adoperarsi per ridurla nell’esperienza del cosiddetto “ambulatorio verde”.