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Ipotesi aperture, il Prof. Garattini fa il punto sulle necessarie limitazioni

Autore: Intervista di Antonella Ciana al Prof. Silvio Garattini

In questa intervista il Prof. Silvio Garattini esprime il suo parere su ciò che sarebbe importante fare per contenere i contagi

Professor Garattini, come pensa dovrebbero essere riorganizzate le aperture in questa fase di chiusure estreme dovute alla pandemia di Covid?
Innanzitutto va sottolineato che tutte le riaperture richiedono la collaborazione delle persone e quindi, oggi come oggi, sono molto difficili da attuare proprio perché c’è una buona percentuale di persone che non vogliono sottoporsi alle regole necessarie: dalla mascherina al distanziamento, dall’evitare gli affollamenti al lavarsi frequentemente le mani, alle altre regole igieniche. Questo è un po’ il problema che abbiamo, quindi è molto difficile pensare a delle riaperture, quali esse siano (e pensiamo ovviamente alla priorità che rappresentano le scuole) se queste ultime non sono accompagnate da un’importantissima azione di informazione, cosa che in realtà si fa molto poco, salvo qualche sporadico annuncio da parte delle autorità sanitarie. Ciò che voglio dire è che attualmente non si fa un vero lavoro di educazione alla necessità di stare attenti e questo non solo per se stessi ma soprattutto per gli altri: uno potrebbe pensare di rimanere indifferente a ciò che può capitare a se stesso non curandosi di ciò che potrebbe conseguirne per gli altri ma, non dimentichiamo, “la mia libertà finisce quando comincia la libertà degli altri”. Il problema non è quindi che ci siano alcune cose che si possono fare o non si possono fare: si può fare di tutto per le riaperture ma ciò dipende dalla disciplina con cui lo si fa, è tutto qui il problema. I ristoranti sono come i negozi, ad esempio: se la gente non sta attenta, non cerca di evitare i contatti, non porta la mascherina e continua a volersi mettere in contatto con gli altri… qualsiasi cosa si apra è una fonte di pericolo.

Quindi cosa sarebbe importante fare?
Quindi secondo me la cosa importante che bisogna fare è ovviamente predisporre tutto quello che è necessario per le riaperture ma, al tempo stesso, è necessario predisporre tutto quello che è necessario per diminuire le responsabilità di contagio, quindi con tutte le misure che ho sopra citato: questo però richiede anche un’opera di comunicazione e di persuasione. Ma questo non lo si sta facendo. Io tuttora non vedo questo lavoro di comunicazione, fatto salvo qualche Ministro che ci dice che dobbiamo stare attenti se non vogliamo che si chiuda tutto. No, non c’è un lavoro continuo di educazione, che invece dovrebbe essere fatto attraverso i mass media e i social network prendendo in considerazione anche la possibilità che a farlo siano i sociologi, cioè le persone che si occupano di comunicazione. Queste ultime dovrebbero “disegnare” una serie di informazioni da portare alla conoscenza di tutti: allora sì si potrebbe fare qualcosa di meglio per rendere la vita migliore a tutti. Però vediamo che non si fa. Vediamo invece che in questo periodo di grandi chiusure non si sta facendo molto per prospettare la possibilità di nuove riaperture. È semplice affermare di voler riaprire ma non basta: bisognerebbe mettere insieme delle idee per convincere la gente e, ripeto, dovremmo avere degli esperti di pubblicità, dei sociologi, delle persone che sono abituate a fare comunicazione. In questo periodo di chiusura e in attesa di nuove riaperture dovremmo prepararci con i massimi esperti in comunicazione per essere pronti. Se non si fa questo, qualsiasi cosa si faccia è negativa.


Cosa ne pensa del fatto che bisognerebbe raccomandare un minimo di attività fisica a tutti, soprattutto agli over ’60, per scongiurare Obesità e Malattie cardiovascolari? Tutta questa immobilità forzata è controproducente…
Certamente è più che raccomandabile. Ma non è raccomandabile soltanto durante le chiusure perché è una cosa da fare indipendentemente. Del resto oggi nessuno proibisce di fare sport perché non è proibito andare in giro. Ma l’attività fisica si può fare anche a casa, è assolutamente consigliato, fa parte delle regole che si chiamano “buoni stili di vita” che prevedono non solo l’esercizio fisico, che è una parte molto importante, ma anche la raccomandazione che stando in casa non si mangi di più, perché è una delle cose che capitano frequentemente e portano all’Obesità. Ma chi raccomanda questo? Io non ho mai sentito raccomandazioni in proposito da parte del Ministero della Salute o di altri organismi che hanno a che fare con i problemi della salute. Non mi pare abbiano preso in considerazione nemmeno il fatto che stare in casa abbia aumentato la quantità di sigarette che si fumano; al contrario, lo Stato quasi lo incoraggia perché ha concesso il 10% di sconto anche su questi prodotti, è sufficiente usare un’app che paga con le carte di credito. Il problema, anche qui, sta nella mancata comunicazione corretta che deve prendere occasione per insegnare le buone regole per i buoni stili di vita, scongiurare l’Obesità, evitare le Malattie cardiovascolari, fumare di meno… Se ci fossero delle adeguate informazioni si potrebbe insegnare anche tutto questo. In ogni caso attualmente nessuno proibisce di fare attività fisica all’aperto che andrebbe anzi incentivata e incoraggiata con una comunicazione corretta.

Qual è il suo parere nei confronti del vaccino Johnson & Johnson?
Si tratta di un vaccino che ha una buona attività, è stato approvato dall’Ema e penso che andrà bene. Tra l’altro ha il grande vantaggio di essere monodose e quindi di richiedere una sola somministrazione e,  inoltre, non richiede la catena del freddo, tutto ciò che lo semplifica ulteriormente. È un vaccino come altri però con questi vantaggi dal punto di vista della logistica.

Ci sono a suo parere altri vaccini monodose accettabili?
Altri vaccini monodose non mi pare siano così vicini all’approvazione da parte delle autorità regolatorie. Io sono favorevole a tutti i vaccini monodose ma occorrono degli studi comparativi; e questi studi comparativi non sono stati fatti dato il tempo che avevamo a disposizione. Del resto, i vaccini vanno studiati in condizioni diverse, con parametri di misura diversi e su popolazioni diverse, perché il vaccino studiato in Sudafrica o in Brasile o in Inghilterra o negli Stati Uniti, dove le popolazioni sono diverse, presentano risultati non comparabili. Quello che è importante è che abbiano un’efficacia che, secondo le regole, deve superare il 50%. Con Johnson & Johnson viene superato ampiamente e, quindi, è più che accettabile. Il vero problema, però, è che ne continuiamo a parlare ma ci sono pochi arrivi, e quindi non siamo ancora riusciti a vaccinare tutti gli over ’80. Questo il vero problema.

 

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